La legge Brunetta, in tempi di spending review, in vigore sin dal 2012, impone un prelievo sullo stipendio per i giorni di malattia breve, quelli sino ad un massimo di 10.

Questa legge, che tutti hanno criticato, dopo ben 7 anni è ancora in vigore.

Di fatto gli insegnanti che si ammalano pagano dai 6 ai 9 euro di prelievo per ogni giorno di assenza. Si tratta di una componente dello stipendio denominata retribuzione professionale docente. Essa varia in base all’anzianità di servizio. 

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E’ proprio una fuga dalla scuola quella degli insegnanti che approfittano di quota 100. Il 28 febbraio è il giorno ultimo per presentare domanda di pensionamento e già si conta almeno un aumento del 50% nei pensionamenti. Ciò vuol dire che a fronte di una media di circa 25.000 domande di pensionamento che si registrano ogni anno ce ne sono almeno 17.000 inviate con requisiti definibili in quota 100 ovvero requisiti ridotti laddove l’insegnante non raggiunge l’età massima o non raggiunge i contributi massimi.

Come si giustifica una tale corsa? Come mai così tanti insegnanti fuggono dalla scuola?

La risposta forse è da ricercarsi in una serie di motivi interessanti, primo fra tutti il fatto che in alcuni ordini di scuola come infanzia e primaria un insegnante di 67 anni sicuramente è troppo anziano per svolgere il proprio ruolo. 

Un’altra ragione probabilmente va ricercata nell’ambiente scolastico che dopo ben due pessime riforme, Gelmini e 107, è notevolmente scaduto con dirigenti che gestiscono il personale a proprio piacimento nell’organico dell’autonomia e insegnanti che dopo aver servito lo Stato per 40 anni si ritrovano relegati in situazioni di mobing. 

Sicuramente ciò è un segnale e se i docenti rinunciano anche al 20% dell’assegno pensionistico pur di fuggire dalla scuola vuol dire che questa non è più quella di una volta.

Per la cronaca i quasi 40mila pensionamenti si sommeranno ai 34.000 posti rimasti liberi lo scorso anno. Sarà necessario predisporre un piano di assunzioni per circa 76.000 insegnanti e per il prossimo anno scolastico. Difficilmente questi posti verranno tutti occupati anche per via della mobilità che vedrà uno spostamento di insegnanti dal nord al sud. E’ ipotizzabile che su 75.000 cattedre oltre 50mila resteranno vacanti poiché nulla sarà cambiato sul reclutamento rispetto all’anno precedente.

 

Introduzione.

Sono trascorsi otto anni da quando pubblicai “Pazzi per la Scuola” (Alpes Italia Edizioni - 2010) che raccoglieva storie e testimonianze di insegnanti allo stremo, dirigenti scolastici in difficoltà, utenza agguerrita e opinione pubblica infarcita di stereotipi sugli insegnanti. Il materiale era stato raccolto con pazienza in 15 anni di attività di medico componente del Collegio per l’inabilità al lavoro della ASL di Milano. L’opera che ne scaturiva si proponeva nell’ordine di: raccontare la verità sulle malattie professionali dei docenti; eliminare una volta per tutte gli infondati stereotipi dell’opinione pubblica; mettere in guardia la categoria sui reali rischi (psichiatrici) per la salute; fornire una casistica ai dirigenti scolastici per evitare loro inciampi e fornire conoscenze utili per le loro numerose incombenze medico-legali.

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La scomparsa del bambino espressione di un contesto che ha perso il soggetto, riducendolo a oggetto, a pacco postale. L'esempio proviene, spesso da quei genitori che alimentano la diffusione di "Baby parking" e altro.

La scomparsa del bambino

"La scomparsa dell'infanzia" titolo di un famoso lavoro di Postman, certificava la perdita di identità del bambino, dovuta soprattutto all'esposizione del mezzo televisivo. In questo contesto, però, manteneva il profilo di soggetto, di persona anche se alterata o "adultizzata".

Attualmente assistiamo a un'involuzione, dove il bambino è sempre più inteso come un oggetto, un pacco postale. Purtroppo il macro-contesto che riduce tutto a oggetto, a merce di scambio, non poteva rimanere fuori dal rapporto genitori/figli.

Durante la settimana, per fondati motivi (=lavoro genitori), i nonni o le babysitter, depositano questo pacco in diversi ambienti (palestra, piscina...). Spesso queste attività sono intese come "riempitivi". Non rientrano in un progetto pedagogico famigliare. La situazione limite è il parcheggio davanti al televisore o alla console giochi.

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Questo libro, Quella voce che ruppe il silenzio, a cura di Dario Amadei e Elena Sbaraglia, edizioni Tlon,euro 10,20, è il risultato di un laboratorio scolastico di narrazione creativa sulla vita di Giuseppe Impastato a cui hanno partecipato i ragazzi della Scuola Media Statale Renato Villoresi e del Liceo Statale Terenzio Mamiani di Roma.

Gli studenti hanno raccontato la storia di Impastato attraverso le loro emozioni.

Peppino Impastato nacque  il 5 gennaio 1948 e morì il 9 maggio 1978 ucciso brutalmente dalla mafia. Il  suo corpo dilaniato dal tritolo fu trovato alle prime ore del mattino dai macchinisti di un treno in transito lungo la linea Trapani-Palermo.

Oggi avrebbe 70 anni.

Quest’uomo si batté per la giustizia sociale, per una società senza ingiustizie in Sicilia, per migliorare la vita degli altri uomini, combattendo apertamente la mafia.

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Spesso la domanda che mi pongo è questa:

“Fa più rumore un albero che cade o una foresta che cresce?”

Sarebbe bello, amo rispondermi, che facesse davvero più rumore, o meglio “musica” una foresta che, anche in mezzo a mille intemperie, cresce rigogliosa e impavida.

Eppure accade che siano sempre le notizie negative quelle a balzare in primo piano sulle cronache, specialmente quando si tratta di scuola.

E non importa delle migliaia di insegnanti che salutano ogni giorno tutti (tutti) i propri alunni con il sorriso, c’è quello di Foligno (notizia di ieri) che ne mette all’angolo uno e lo umilia, condendo il tutto con il “sano razzismo” che imperversa ormai da un po’, ed è quello che passa, o meglio attraversa, l’immaginario collettivo: l’insegnante “cattivo”.

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Impresa scuola!

Per un momento applichiamo, come vogliono da un po' di anni, al sistema dell’istruzione in Italia la terminologia della finanza; apparirebbe evidente che,  ogni anno, avviene  un indiscriminato salvataggio dell’impresa-scuola, con una sopravvalutazione dell’attivo, ovvero delle competenze degli studenti diplomati. 

Lo focus più importante di questo discorso, anche per le sue implicazioni sul mercato del lavoro, è quello delle competenze certificate con il diploma di maturità.

Sto dicendo che questo sistema porta all'automatica sopravvalutazione delle conoscenze, capacità e famigerate competenze dei nostri studenti in nome dei  concetti di qualità e utilità che mai dovrebbero essere applicati al Sapere che, per definizione, è un concetto a-utile

  Quali sono le conseguenze di quest'assurda e drammatica concezione dell'impresa-scuola? Voti vuoti, diplomati che hanno un basso livello di competenze e una università fortemente sovradimensionata.

 L’università è sovradimensionata perché è gonfia di studenti che non hanno le competenze dichiarate nei loro diplomi.

L’investimento massiccio nella scuola sarebbe opportuno per riallineare le competenze reali a quelle dichiarate.

Ogni anno si provvede, invece, a una copertura indistinta dei costi del settore, a un “bail-out” si direbbe in finanza, lasciando a coprirsi di muffa i compiti irrisolti dei promossi in uscita dalla scuola e affidando all’università il compito di verificare le competenze in entrata e integrarle.

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Genitori violenti, aumentano le notizie di un disastro educativo. Le cause sono diverse. In alcuni casi, però dipende dalla mancata percezione che la scuola è un servizio pubblico con regole e norme, senza dimenticare la formazione dell'uomo e del cittadino (Costituzione).

Genitori violenti, pessime notizie dalle scuole

Genitori violenti verso il personale scolastico. Dalle scuole arrivano solo pessime notizie. Quasi tutte ripetono il canovaccio di un rapporto compromesso con l'utenza. In altri termini, siamo di fronte a un disastro educativo!

L'ultima in ordine di tempo ha visto protagonista una collaboratrice scolastica. Si legge sul portale Alessandria Oggi: "Si tratta di un’aggressione avvenuta negli ambienti del Comprensorio di Molare (Scuole Elementari), dove la donna, dopo aver negato al padre il permesso di accedere in orario di lezione alla classe insieme al figlio, è stata violentemente strattonata. L’uomo, un italiano di circa 40 anni, che voleva trasportare lo zaino del figlio fin dentro l’aula (pare che il ragazzino non fosse al momento in perfette condizioni fisiche), ha reagito male quando la collaboratrice scolastica lo ha fermato offrendosi di farlo al suo posto, dal momento che, durante le lezioni, non è consentito l’accesso ai genitori salvo in casi eccezionali."

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Questo libro, Quella voce che ruppe il silenzio, a cura di Dario Amadei e Elena Sbaraglia, edizioni Tlon,euro 10,20, è il risultato di un laboratorio scolastico di narrazione creativa sulla vita di Giuseppe Impastato a cui hanno partecipato i ragazzi della Scuola Media Statale Renato Villoresi e del Liceo Statale Terenzio Mamiani di Roma.

Gli studenti hanno raccontato la storia di Impastato attraverso le loro emozioni.

Peppino Impastato nacque  il 5 gennaio 1948 e morì il 9 maggio 1978 ucciso brutalmente dalla mafia. Il  suo corpo dilaniato dal tritolo fu trovato alle prime ore del mattino dai macchinisti di un treno in transito lungo la linea Trapani-Palermo.

Oggi avrebbe 70 anni.

Quest’uomo si battè per la giustizia sociale, per una società senza ingiustizie in Sicilia, per migliorare la vita degli altri uomini, combattendo apertamente la mafia.

Antesignano del giornalismo libero, senza padroni, parlò in maniera diretta dalla frequenza 98,800 Mhz di Radio Aut e la sua voce fu ascoltata da migliaia di coetanei nell’etere siciliano. La tragica fine ne segnò l’epilogo.

Per questo, un libro scritto dai ragazzi, per ricordare e far ricordare, rivolto a giovani e meno giovani, è un’opera meritoria per non scivolare nell’indifferenza.

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La seguente lettera è stata scritta dalla psicologa americana Gretchen L. Schmelzer e vuole essere l’espressione delle parole intime, implicite ed esplicite, che un figlio adolescente vorrebbe dire al proprio genitore. Preferisco non aggiungere nessun commento perché la lettera “parla” da sola.

 

“Caro Genitore,

Questa è la lettera che vorrei poterti scrivere.

Di questa battaglia che stiamo combattendo, adesso. Ne ho bisogno. Io ho bisogno di questa lotta. Non te lo posso dire perché non conosco le parole per farlo e in ogni caso non avrebbe senso quello che direi. Ma, sappi, che ho bisogno di questa battaglia, disperatamente. Ho bisogno di odiarti, proprio ora e ho bisogno che tu sopravviva a tutto questo. Ho bisogno che tu sopravviva al mio odiare te, e al tuo odiare me. Ho bisogno di combattere con te, anche se persino io lo detesto. Non importa neanche quale sia il motivo di questo continuo battagliare: l’ora del coprifuoco, i compiti, il bucato, la mia stanza disordinata, le uscite, il rimanere a casa, l’andare via di casa, rimanere a vivere in questa famiglia, il mio ragazzo, la mia ragazza, sul non avere amici, o sull’avere brutte compagnie. Non è importante. Ho bisogno di litigare con te su queste cose e ho bisogno che tu lo faccia con me.

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Gi Istituti Comprensivi del III e XV municipio di Roma hanno adottato   regole condivise messe a punto da un pool di docenti 

 

Divieto di uso dello smartphone a scuola, sanzioni graduali, coinvolgimento delle famiglie. La lotta al cyberbullismo inizia dai giovanissimi e ha un’arma in più: il regolamento comune adottato in una quindicina di Istituti Comprensivi (che riuniscono infanzia, primaria e secondaria di primo grado) dell’ambito 9 di Roma, che comprende le scuole del III e del XV Municipio.

L’iniziativa di stilare un regolamento, che desse attuazione pratica alla legge 71 del 2017 a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo e che potesse rappresentare la voce comune di più scuole, è nata circa un anno fa. A guidare il progetto Gianfranco Scialpi, insegnante di scuola primaria all’IC Carlo Levi ed esperto di tecnologie legate alla formazione.

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Il mito greco di Procuste narra che questo personaggio era un locandiere che gestiva una taverna fra le colline di Attica. Lì, offriva alloggio ai viandanti, nascondendo la sua vera natura, tutt'altro che amichevole.

 Procuste possedeva un letto dove invitava tutti i viaggiatori a coricarsi. Durante la notte, quando i malcapitati dormivano, ne approfittava per imbavagliarli e legarli. Se la vittima era più alta e piedi, mani e testa le sporgevano dal letto, procedeva a tagliarli. Se la persona era più bassa, la stirava, rompendole le ossa per far quadrare le misure.

 Questo personaggio oscuro perpetrò le sue azioni macabre per anni, finché non giunse un uomo molto speciale: Teseo. Come sappiamo già, questo eroe aveva acquisito fama per aver affrontato il Minotauro dell’isola di Creta e per esser diventato in seguito il re di Atene. Si narra che, quando Teseo scoprì ciò che quel sadico faceva di notte, decise di sottoporre Procuste allo stesso supplizio che imponeva a tutte le sue vittime.

 Da allora, si è diffuso un avvertimento a titolo di proverbio che recita quanto segue: 

“Fa’ attenzione, ci sono persone che, quando vedono che hai idee diverse o che sei più brillante di loro, non ci pensano due volte a metterti sul letto di Procuste”

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