Trivia, Diana, dal triplice volto, chiama Dante la luna in un'immagine di paradisiaco splendore. Anche per gli antichi la luna era la dea dalle tre facce: Artemide, la vergine fanciulla, falce di luna crescente; Selene, la luna piena; Ecate, la dea degli inferi, la luna calante che scompare nell'Oceano.
Quando Galileo nel '600 scopre la superficie ineguale della luna, svelando ciò che la scienza classica aveva rimosso, segna una svolta epocale nell'immaginario del cielo. Ma la luna non perde, anzi aumenta la sua carica di seduzione e di mistero, non più una limpida sfera cristallina, ma realisticamente offuscata da macchie e imperfezioni. Da primo gradino dell'incorruttibile regno dei cieli, diventa un regno imperfetto, destinato a scatenare negli uomini fantasie di esplorazione e di conquista. La dialettica vicinanza-lontananza, che caratterizza da sempre la partecipazione dell'uomo alla vicenda lunare, come mostra Calvino nelle Cosmicomiche, si presenta anche sul piano delle teorie astronomiche.
Ma in nessun secolo come nell' 800 i poeti hanno amato tanto i paesaggi notturni e, con essi, la luna.