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E’ questo che si richiede all’uomo, che giovi agli altri uomini; se è possibile, a molti, se no, a pochi, se neanche questo può avvenire, giovi a chi gli è più vicino, se non è possibile, a sé stesso. Perché, quando si rende utile agli altri, svolge un servizio pubblico.” (Seneca, De Otio)

Essere un insegnante non è essere un semplice trasmettitore di saperi.

Un bravo insegnante, raccontava una volta il grande psicoanalista di origine egiziane Moustapha Safouan, si riconosce da come reagisce quando, salendo in cattedra, gli capita di inciampare. Cosa saprà fare di questo inciampo?   “Un bravo maestro si distingue da come reagisce quando entrando in aula, prima di salire in cattedra, inciampa. Un bravo maestro è quello che fa dell’inciampo il tema della lezione”, perché la caduta non la teme e sa che la lezione non può e non deve essere necessariamente quella programmata.

L’insegnamento, ricordava, non usa dunque il sapere come mattone fondante, e deve anzi misurarsi con la mancanza del sapere: “Il limite del sapere è ciò che custodisce il valore stesso del sapere”. 

A scuola si impara anche a fare i conti con i propri limiti, con le proprie potenzialità, con le doti e i talenti individuali, con gli errori e le cadute. 

Essere insegnante diventa davvero un compito arduo e una sfida, oggi più che mai urgente. Accedere la curiosità e il desiderio di imparare e di conoscere nei propri allievi è il compito imprescindibile e insostituibile di un insegnante. La pedagogista Maria Montessori affermava: “Insegnare è portare un raggio di luce sul cammino dei propri alunni”.

 Anniek Cojean racconta che un preside di un liceo americano aveva inviato una lettere ai docenti in cui si leggeva:

«Caro professore,

sono un sopravvissuto di un campo di concentramento. I miei occhi hanno visto ciò che nessun essere umano dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri istruiti; bambini uccisi con  veleno da medici ben formati; lattanti uccisi da infermiere provette; donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuole superiore e università. Diffido – quindi – dall’educazione. La mia richiesta è: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani. I vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati, degli Eichmann istruiti. La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rendere i nostri figli più umani». (Fonte: Anniek Cojean, Les mémoires de la Shoah, in Le Monde del 29 aprile 1995).

Dobbiamo aiutare i nostri alunni a restare umani, a coltivare la compassione e l'empatia per gli altri uomini. Perché oggi, età dominata dal desiderio di apparire, da nuovi narcisimi,  dall'abuso di una tecnologia che aliena,  dalla diffusione di egotismo e individualismo esasperati, da uno spirito di competizione esagerato, dalla ricerca di  denaro e successo e bei voti  io, di umanità attorno a me, ne vedo sempre meno. 

 Insegnare ed educare significa trasmettere agli studenti il fondamentale concetto che la scuola non è solamente il luogo di incontro con la conoscenza teorica, ma anche di conoscenza con l'altro, con le differenze e le peculiarità di ciascuno.

Una volta insegnavo in un secondo liceo classico (quarto anno) e dovetti subìre un intervento urgente. Dissi ai miei studenti che mi sarei assentata per il tempo necessario "per un intervento". Rientrata dopo soli 10 giorni, per non lasciarli  a lungo soli se non il tempo minimo indispensabile, nessun mio alunno mi chiese come stessi. Terminata la lezione ricordo che dissi loro: "Cari ragazzi, voi siete studenti eccellenti e capaci. Studiate le humanae litterae e i valori dell'humanitas trasmessi dai grandi pensatori, intellettuali e poeti greci, latini, europei. Oggi avete mostrato di conoscerli  sulla carta ma di non averli fatti vostri. Io oggi vi dico che avere mostrato l'empatia e la compassione* di un computer. Che possiate diventare ciò che studiate. E cercate di diventare  persone felici".

*Compassione etimologicamente intesa  dal latino cum patior - soffro con - sul calco greco συμπἀθεια , sym patheia - "simpatia", provare emozioni con.

“Un uomo senza sogni, senza utopie, senza ideali, sarebbe un mostruoso animale, un cinghiale laureato in matematica pura.” Fabrizio De André