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Lui ha avuto un’infanzia libera e (apparentemente) spensierata, anche se piuttosto povera; lei, benestante, è stata la principessa di casa, ligia ai doveri e (forse) adorata. Lui ha provato su di lei la sua capacità di continuare a farla sentire una principessa; lei, attraverso la libertà di lui, ha provato a svincolarsi dalle rigide regole familiari.

Nessuno dei due è riuscito nel suo intento: lui si sente giudicato come inaffidabile e leggero nell’educazione dei figli, lei si sente accusata da lui di averlo imprigionato nelle sue rigidità.

Piuttosto che affrontare i problemi di coppia, i due li scaricano sui figli, attraverso i quali si combattono: il padre, con la sua giocosità permissiva, scredita agli occhi dei figli la severità della madre; la quale, a sua volta, cerca di trasmettere ai figli il proprio disprezzo per l’inaffidabilità del marito. 

Risultato: ai figli viene diagnosticato un disturbo dell’attenzione; sono iperattivi, non riescono a stare fermi un momento. È naturale: fermarsi significherebbe fare una scelta impossibile, schierarsi contro il padre o contro la madre, nella guerra feroce che stanno combattendo.

Cosa fanno gli “esperti” di fronte al “deficit dell’attenzione”? Non indagano la causa del problema, prescrivono psicofarmaci ai figli; ecco che un problema tutto dei genitori è diventato un problema dei figli. Capita molto spesso…

Questo, in sintesi, uno dei tanti episodi raccontati in un libro straordinario della psicoanalista Cristina Chiarato, Bambini a oltranza – Sulla difficoltà a crescere e a far crescere (Polimata, 2015), che tutti gli educatori che vogliono avere un po’ di consapevolezza delle dinamiche psicologiche profonde (a volte più semplici di quanto si pensi, se ben interpretate) dovrebbero leggere.