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A volte mi chiedo se facciano tristezza solo a me le tante biblioteche semi-abbandonate sparse all’interno delle nostre scuole, in corridoi, aule in disuso, sotterranei, sale professori, armadi chiusi le cui chiavi si sono perse chissà quando… La tristezza non deriva dalla nostalgia per un tempo che non c’è più o dalla poeticità degli oggetti passati di moda; tutto al contrario: ciò che angoscia profondamente è sapere che questi “oggetti”, i libri, sarebbero ancora utilissimi e perfettamente funzionanti. Di più: rappresentano esattamente ciò che manca ai nostri ragazzi, l’indispensabile che non c’è.

Guardando gli scaffali di libri che ho davanti, o ripensando a quelli che ho visto in tanti anni, regolarmente catalogati e lungamente intonsi, potrei fare un elenco totalmente casuale che non finisce mai: i volumi della Storia d’Italia di Montanelli, per tutti i ragazzi che non sanno niente della storia del nostro Paese e di cui sono sempre curiosissimi, quando qualcuno comincia a raccontargliela; le visioni di Orwell, che parlano profeticamente del nostro presente; Agostino di Moravia, e quale adolescente non sente i turbamenti nel rapporto con il femminile materno? E poi i racconti di Poe, di Buzzati, di Hoffmann, le allucinazioni di Nerval, tutto perfettamente corrispondente al gusto degli adolescenti per ciò che è strano, meraviglioso, orribile e assurdo. E le raccolte delle opere di Shakespeare e di Goldoni, a ricordare quanto possano essere vivi e vicini alla nostra quotidianità situazioni, equivoci e sentimenti di secoli fa: penso, che so, a Gl’innamorati o alla Trilogia della villeggiatura. Per non parlare de I dolori del giovane Werther e dei testi della psicoanalisi, troppo difficili ma da cui gli studenti sono regolarmente affascinati, perché sperano sempre di scoprire chi sono. 

Per i più piccoli, c’è l’incanto inesauribile delle fiabe (dai fratelli Grimm a Calvino, senza dimenticare Pinocchio) o quello dei miti e leggende più commoventi, ad esempio quelli raccolti in una narrazione continua da Laura Orvieto in Storie della storia del mondo, in cui una madre saggia, ironica e amorosa racconta ai propri figli le storie di Ettore, di Paride ed Elena, di Ulisse, di Achille, come una sorta di implicita educazione alla vita e agli affetti.

E le sezioni dei “nuovi acquisti”, spesso già carica di anni: La strada, di Cormac Mc Carthy, un padre e un figlio che camminano in un paesaggio completamente morto dopo la fine del mondo; Mario Calabresi che in Spingendo la notte più in là ci racconta le storie delle vittime del terrorismo e ci fa sentire bambini e adolescenti insieme a lui, con i ricordi primordiali e incancellabili di un padre ucciso e quasi sconosciuto che accompagna e dà coraggio (e a seguire Come mi batte forte il tuo cuore, di Benedetta Tobagi); amicizie adolescenziali intensissime o distruttive, da cui salvarsi, in Due di due di De Carlo e in Il passato è una terra straniera di Carofiglio; la dolorosa ricostruzione della propria infanzia nello straordinario Le parole per dirlo di Marie Cardinal o, trent’anni dopo, lo sperdimento e la ricerca della propria identità di una ragazzina europea in Giappone in Né di Eva né di Adamo di Amélie Nothomb. Infine (ma si potrebbe continuare per giorni a pescare a caso) la storia insieme terrificante e tenerissima di Non lasciarmi, di Ishiguro; e la visione divagante e rincuorante, anche per gli studenti, del Diario di scuola di Pennac.

Insomma, i libri che danno ai ragazzini, da sempre, dei mondi in cui rispecchiarsi per non sentirsi soli in ciò che vivono, per essere sempre accompagnati da mille voci; i libri che danno un radicamento e una storia, rafforzata dall’intreccio con le storie degli altri… Questi libri addormentati nelle biblioteche sono esattamente ciò di cui i nostri ragazzi avrebbero disperatamente bisogno, solo che troppo spesso non lo sanno e a molti di loro nessuno l’ha mai detto.