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 La vera bomba scagliata dalla 107 contro la scuola e contro gli insegnanti è quella del ‘potenziamento’, che farà sentire i suoi effetti devastanti per molto tempo e toglierà forse per sempre agli insegnanti la sicurezza di poter fare quello che è il proprio lavoro: fino a due anni fa era scontato che ogni insegnante lavorasse con le proprie classi (il che comportava anche un’assunzione di responsabilità); oggi invece poter insegnare (per un insegnante, non per un’altra figura professionale, che so, un sarto o un architetto), non rappresenta più  un fatto ovvio e un  diritto ma una gentile concessione di un dirigente scolastico che (sia detto con il massimo rispetto) potrebbe anche essere incapace, ingiusto o clientelare.

Come tutti sanno, il ‘potenziamento’ è stato introdotto per poter effettuare un numero consistente di assunzioni, con la speranza per nulla celata – e del tutto infondata - di creare un grande consenso elettorale per chi quelle assunzioni le aveva volute. Inizialmente i ‘potenziati’ dovevano essere assunti con tale qualifica piuttosto mortificante, in attesa che si liberassero cattedre su cui essere progressivamente riassorbiti; poco dopo però, anche per le proteste di coloro che erano entrati volontariamente a scuola come ‘potenziati’ (o ‘potenziatori’, tanto per non dimenticare il furore nominalistico tutto italiano, che serve sempre a coprire la sostanziale nullità delle cose), è stato inventato l’ ‘organico dell’autonomia’, per cui qualunque insegnante – che fino a pochissimi anni fa poteva svolgere serenamente e coscienziosamente il proprio lavoro – rischia ora di ritrovarsi ‘potenziato’ (e/o ‘potenziatore’) senza nemmeno rendersene conto, magari in occasione di un trasferimento, secondo la logica che gli ultimi arrivati (anche se hanno trent’anni di meritevolissimo servizio alle spalle)  hanno sempre torto. Raramente i dirigenti scolastici, che ‘giudicano e mandano’ molto frettolosamente e con poteri quasi illimitati, compiono quei gesti di correttezza minima che ci si aspetterebbe da loro, ad esempio esaminare e confrontare i curriculum degli insegnanti, per decidere con un minimo di oggettività a chi vada rifilata la fregatura del ‘potenziamento’.

Anche se non erano sempre all’altezza di una funzione così vitale, gli insegnanti fino a questa ‘riforma’ rimanevano degli intellettuali e dei pedagoghi, i cui compiti universalmente riconosciuti (se svolti poi bene o male è un altro discorso) erano quello di trasmettere dei contenuti culturali e di educare le giovani generazioni, nel ruolo di guida di gruppi-classe che si affidavano loro. Oggi invece, grazie alla trovata del ‘potenziamento’, gli insegnanti sono stati trasformati in generici impiegati di concetto dirottabili su qualunque mansione; sono diventati tappabuchi e baby sitter, che tengono buoni branchi di giovanissimi disperati che non imparano nulla e non ascoltano neanche una parola detta da insegnanti-meteore, che capitano nelle classi per caso e non hanno nessuno strumento per farsi ascoltare. Inutile dire quale possa essere il valore dato in questo contesto all’ora di lezione e la considerazione sociale, anche da parte degli stessi studenti, nei confronti di persone screditate ed umiliate in questo modo.

Ora però, dal momento che le assunzioni dissennate sul ‘potenziamento’ sono state fatte e che non è ipotizzabile licenziare le persone assunte appena un paio di anni fa, bisogna cercare una via d'uscita. Una proposta potrebbe essere questa:

[AGGIORNAMENTO 2020: per quanto riguarda le proposte, l'articolo ha più di due anni, e si vede: in quel momento sembrava impossibile rimediare ai disastri creati dall'introduzione del 'potenziamento', se non con soluzioni di compromesso... Oggi direi che le ore di potenziamento vanno trasformate tutte in ore su cattedra, visto che è indispensabile aumentare il numero di insegnanti per far diminuire il numero di studenti per classe e che auspicabilmente ci saranno risorse per la scuola, se non si sprecherà tutto in "Dad" e dintorni]

- Poiché è indegno che degli insegnanti vengano usati come tappabuchi, il ‘potenziamento’ non viene più utilizzato come strumento per le supplenze. Per coprire le assenze dei colleghi si prevede un aumento dell’orario di un’ora a settimana per TUTTI gli insegnanti, senza distinzioni, da mettere a disposizione come segno di solidarietà (almeno per una volta) tra colleghi. Per evitare che questo comporti un aggravio di lavoro, si decide contemporaneamente che tutte le riduzioni orarie deliberate dalla scuola (ore da cinquantacinque o cinquanta minuti) NON vengono recuperate in nessun modo, né con ore a disposizione, né con finti progetti inventati all’uopo. È possibile che questa proposta di aumento/riduzione di orario a costo zero non sia realizzabile per motivi contrattuali; in ogni caso, la sostanza è che la necessità di effettuare disposizioni dev’essere ‘spalmata’ su tutto il corpo docente, in modo da gravare pochissimo sulle spalle di tutti e non moltissimo sulle spalle di poche vittime sacrificali. Dopotutto, l’ ‘autonomia’ dovrà pur servire a qualcosa…;

- Il potenziamento diventa davvero tale (e infatti togliamo le virgolette): gli insegnanti che vi si dedicano si occupano della cura delle eccellenze, delle attività di recupero di tutte le carenze, degli studenti non madrelingua, di progetti utili e sensati; oppure impiegano le ore di potenziamento in attività organizzative e gestionali; 

- Considerato che alcuni insegnanti fanno fatica a gestire le classi, non hanno vocazione o talento per un rapporto con gruppi consistenti di studenti, sono stanchi di un lavoro faticosissimo e usurante, si prevede che chi, SU BASE VOLONTARIA, ne faccia richiesta, possa essere spostato su ore di potenziamento, rese comunque qualificanti e produttive;

- Visto che, presumibilmente, il ruolo del potenziato in questo modo diventerebbe interessante e appetibile, le scuole dovrebbero raccogliere le richieste per ricoprire tale funzione e stilare delle graduatorie in base all’anzianità di servizio. Ciò garantirebbe ai docenti più anziani un progressivo alleggerimento del carico di lavoro e un’uscita graduale dal mondo della scuola.