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[di Salvo Amato] Inutile ridurlo a un fatto isolato, inutile dire che su milioni di studenti la vicenda delle prof. accoltellata è una cosa a sé, inutile dire anche che il caso del prof. cui i genitori rompono una costola sia un fatto isolato.
Ciò cui assistiamo negli ultimi anni è un campanello di allarme importante da non sottovalutare. 20 anni di politiche scellerate atte a sminuire una funzione di base nella nostra comunità sono bastati a stravolgere quella dell’insegnante che passa da figura di riferimento per la formazione delle future generazioni a soggetto scomodo, ostacolo per i giovani che non accettano pessime valutazioni, ostacolo per quei genitori che sono diventati i sindacalisti dei figli.

I due episodi rappresentano un risultato che non va sottovalutato. Le recenti azioni mediatiche degli ultimi due governi atte a sminuire, calpestare, umiliare la funzione del docente hanno prodotto seri danni che non si calcolano solo sul piano economico, bensì ancor più sul piano del prestigio sociale di una professione che tale prestigio lo ha ormai perso.
L’insegnante non è più il depositario della conoscenza e della cultura, il punto di riferimento per la propria formazione. L’insegnante è quel poveraccio sottopagato che pur di fare tre mesi di vacanza estivi ha accettato uno stipendio da fame. L’insegnante è quel poveraccio  che ha investito i migliori anni nello studio e nella cultura quando avrebbe potuto benissimo fare altro ma forse, secondo alcuni, non ne era capace. Quindi l’insegnante è colui che non deve permettersi di intralciare un percorso di studi ormai liquefatto e condotto in superficie attraverso le cosiddette “competenze”. L’insegnante è colui che non può usare lo strumento della nota disciplinare né quello del voto in condotta, è colui che deve fare attenzione ad esercitare il proprio ruolo, pena una spedizione punitiva da parte dei genitori. E’ colui che deve ingraziarsi le simpatie del dirigente, pena la non riconferma del proprio ruolo in quella scuola. L’insegnante è diventato anche colui che non può permettersi di ammalarsi poiché il proprio lavoro non è considerato di quelli “usuranti” che ammalano e se per caso si prende una influenza o qualche virus intestinale dovrà essere costretto, la domenica, a rispondere al medico fiscale dal citofono impiantato anche in bagno, pena la denuncia per assenteismo e falsa malattia.
L’inizio di questo millennio non è per niente all’insegna della cultura e dell’istruzione al centro del processo educativo e formativo delle nuove generazioni. Si avrà un lavoro perchè si conosce qualcuno non perchè si conosce qualcosa. E’ nella logica clientelare della politica, è nel contesto sociale che ci viene propinato, quindi guai ad investire anni di studio per il proprio futuro.
Del resto, sembra ormai normale che un ministro non abbia titoli attinenti a ciò che amministra, un politico possa esprimersi in modo pessimo e con errori da terza elementare. Perchè mai occorre studiare se certe posizioni di rendita si possono ottenere con un pizzico di furbizia e zero studio?
Ecco, l’esempio spesso è tutto. L’insegnante che prima era un esempio come fatto culturale e come colui capace di pensiero critico, adesso è un rompicoglioni, è quello che agli occhi di molti dà voti scriteriati e “abusa del proprio potere”. E’ colui che si oppone a certe politiche poiché capace ancora di pensare in modo libero e soprattutto non condizionato da logiche clientelari, colui che vive la propria posizione e il proprio misero stipendio senza dover ringraziare nessuno e per questo, categoria da sottomettere ed umiliare poiché una delle poche capaci di portare avanzare un pensiero critico in virtù della cultura di cui è portatore sano.