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Contratto, aumento e merito: prima di premiare il merito occorre definirlo. La questione della parte economica del Contratto appare di difficile soluzione: da un lato la legge di bilancio stanzia fondi sufficienti a coprire solo una sorta di indennità di vacanza contrattuale ( 73 euro lordi medi in 3 anni), questo a 10 anni dall’ultimo aumento effettivo, dall’altro i fondi del bonus e della carta docente sono di difficile utilizzazione sia per le resistenze dell’amministrazione, merito, che per questioni fiscali, pare, carta docente.

Non sono una economista, ma una letterata, quindi sul punto una sola cosa posso dire: comincio ad essere allergica alla meritocrazia ed al merito se non definiti in modo preciso, circostanziato, motivato e convincente. Perché “avere spirito imprenditoriale” ad esempio dovrebbe essere sempre più meritorio di “essere capaci di empatia e cura”? Ritengo che per chi si occupi di persone e con esse lavori la seconda competenza sia più importante della prima, o quantomeno che la cosa debba essere discussa, ridiscussa, esperita a livello nazionale: risulta palesemente assurdo che i criteri di merito siano diversi in due scuole poste a 200 metri di distanza, o anche a 200 Km. Uno stato che abbia a cuore l’educazione, l’istruzione e la cultura dovrebbe decidere e stabilire in base a quali criteri e per quali finalità nazionali insieme si debba lavorare nella formazione non dei futuri lavoratori, ma dei futuri cittadini del paese. E anche questo andrebbe ben chiarito: la scuola forma persone e non lo fa, sarebbe assurdo, in base alle esigenze delle aziende. Le aziende hanno già il vantaggio di poter fruire di personale formato da un’ istruzione liceale, tecnica e professionale pagata dalla fiscalità generale, possono certamente argomentare, ma non imporre o lamentarsi. Su queste premesse, imprescindibili e chiaramente espresse, andrebbe impostato un serio e lungo percorso di ristrutturazione del nostro sistema scolastico. Su questo e su nuovi investimenti, dato che, e anche questo va detto forte e chiaro, l’Italia è al 30 posto in Europa per la percentuale di spesa per l’istruzione in rapporto al totale della spesa pubblica. Dati OCSE 2015.