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Un po’ ci avevamo creduto. Quando il suono della campanella (per noi insegnanti non esiste suono più significativo) aveva decretato il passaggio dal Governo Letta al governo Renzi ,ci era piaciuto pensare che ci fosse una nuova possibilità. Non è un fatto partitico. Sulla scena c’era il più giovane presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, classe 1975, c’era un uomo legato alla scuola, c’era un discorso di insediamento dal  respiro ampio e che aveva messo al centro la scuola, la sua importanza come base della società, il punto da cui partire. Con questi presupposti era lecito provare a crederci, ignorare la razionalità che invitava alla prudenza per cavalcare l’onda di una speranza assetata di concretezza.

Questo fu l’inizio della storia, della storia recente, della storia recente della scuola.  Facciamo un salto temporale e ci troviamo qui, alla fine del 2017 che coincide con la fine dell’attuale legislatura. E’ tempo di bilanci. Partiamo subito con il regalo di Natale, datato 22 Dicembre, con cui migliaia di insegnanti assunti in ruolo si sono ritrovati di fatto licenziati.

Per un peculiare modus operandi tutto italiano, costoro erano stati sì assunti ma con riserva, in attesa della sentenza della Plenaria del Consiglio di Stato che ha decretato che il loro diploma magistrale non è titolo valevole per l’insegnamento.

Su questo si è aperta un’ampia discussione tra i docenti, spesso nuovamente schierati gli uni contro gli altri, in una sorta di guerra tra poveri, che fa pensare che possa far comodo a qualcuno  avere una categoria professionale sempre più divisa e inasprita al suo interno. Non voglio entrare nel merito della questione quanto sulla forma. Possibile che non ci fosse un sistema diverso dall’assunzione con riserva? Che non fosse possibile evitare di giocare così grossolanamente con la vita delle persone, cosa tra l’altro non nuova al Governo Renzi?

Giocare sulla vita proprio come è successo con la mobilità docenti su base nazionale. Il massiccio piano di assunzione, che detto così di certo potrebbe sembrare una buona cosa, nascondeva una falla enorme al suo interno: l’algoritmo. Lo scrivo con un po’ di ironia immaginando questa complicata formula combinatoria che domina su tutto il territorio nazionale, una sorta di Grande fratello al servizio del  MIUR che smista e distribuisce insegnanti a destra e a manca  come un Risiko impazzito. Poi si è scoperto che davvero la formula è impazzita: bug, falle, errori, e la vita degli insegnanti con la valigia nel mezzo.  Come mi piacerebbe conoscere il team di programmatori che hanno elaborato l’infallibile algoritmo… E’ un po’ il leitmotiv della 107: nascondere dietro grandi proclami una sonora fregatura, come un bel pacco regalo con dentro un macigno. Chi avrebbe mai potuto contestare la bontà di un piano di assunzioni? Eppure ecco il macigno dentro il regalo. Un altro esempio? Parliamo di potenziato. Dare alle scuole dell’organico in più: wow! Personale aggiuntivo in forza a quello già esistente, quale scuola avrebbe potuto disdegnare una tale offerta? Probabilmente solo quelle male organizzate e, ahimè, ce ne se sono, ma di certo avere qualche docente  in più è una buona idea. Si possono aiutare gli alunni in difficoltà, si possono progettare gruppi di lavoro, si può organizzare qualche laboratorio, e chi più ne ha più ne metta. Tutto bello insomma però…con il potenziato le scuole devono gestirsi le supplenze brevi, ovvero quelle inferiori ai 10 giorni di assenza. Ovviamente l’organico di potenziato non può essere sostituito. Insomma ecco il macigno: non è organico aggiuntivo ma un contingente di supplenti fissi che chiaramente sono subito risultati insufficienti per coprire le assenze. Dietro lo slogan di aver dato alle scuole più docenti si nasconde la manovra economica di risparmiare soldi sui supplenti per poi dire a gran voce di aver eliminato la “supplentite”; capita l’astuzia? Ed ecco un’altra astuzia, fortunatamente mal riuscita, mascherata dallo slogan di premiare i meritevoli: si tratta in realtà del rinnovo del contratto dei dipendenti della scuola. Questo è ciò che si nasconde dietro il velo del bonus merito. Hanno tentato di bypassare l’aumento al comparto scuola, doveroso e normativamente sancito, cercando di veicolare l’idea  dei più soldi ai più bravi. Invece di aumentare (adeguare) gli stipendi al 100% degli insegnanti, come un contratto dovrebbe prevedere, hanno pensato bene di concentrarsi solo su un 20% (percentuale dei meritevoli già stabilita a monte) rivestendo questa manovra, palesemente economica, dei ben noti slogan legati al merito e rinforzando la divisione interna tra i docenti perché si sa: dividi et impera. E’ chiaro che la commissione di valutazione che stabilisce i criteri per le graduatorie di merito e che, tra l’altro, deve occuparsi anche di convalidare o meno l’anno di prova dei docenti neo assunti, non deve richiedere oneri per lo Stato. E’ una dicitura che sempre più spesso si trova nelle note ministeriali: “senza oneri per lo Stato” significa che il lavoro va fatto gratis. Non può a questo punto non venire in mente la grande burla dell’animatore digitale (pessima scelta di termini): figura dalle alte competenze didattiche, tecniche, informatiche e gestionali pensata per avere un ruolo strategico nella diffusione dell’innovazione a scuola, alla quale le istituzioni devono affidare la formazione interna sui temi del piano nazionale scuola digitale, il coinvolgimento della comunità scolastica, la creazione di soluzioni innovative. Per accedere al ruolo dell’animatore digitale è necessario procedere attraverso selezione interna, una cosa seria insomma non fosse altro che per questa figura non è previsto alcun compenso, così come per il “team per l’innovazione” che lo deve coadiuvare. C’è poco da raccontarsela, è così. Qualcuno diceva che qualcosa poteva essere preso dal FIS, che magari qualche punto del bonus merito si poteva racimolare, che forse i famosi mille euro pensati per i progetti dell’animatore digitale potevano essere girati per far saltare fuori qualche euro di compenso. Insomma ce la siamo raccontata ma non ci abbiamo creduto, per fortuna. Amaramente ci ridiamo su, con lo stesso sorriso suscitato dalle gaffe grammaticali sfornate in questo fine 2017 dal nostro Ministro (ministra) dell’istruzione. E chissà come rideremo durante i giorni delle prove INVALSI, da quest’anno scolastico da svolgersi in modalità on line per tutti gli ordini di scuola ad esclusione della primaria, con in nostri pc obsoleti e  le nostre connessioni quasi inesistenti.  Un bel pacco dono con un macigno dentro, ancora una volta. E la stessa storia si è ripetuta con l’alternanza scuola-lavoro che ha costretto gli insegnanti referenti a rocambolesche ricerche di realtà lavorative che si facessero carico dei nostri ragazzi nel bizzarro tentativo di completare la loro formazione scolastica in ambiente di lavoro. La scuola, luogo di cultura e di apprendimento, asservita al lavoro da quale un tempo, chi sceglieva la strada dello studio, tentava di affrancarsi per potersi prima immergere nel sapere alto. Suggerisco di ascoltare a tal proposito l’interessante intervento dello storico Alessandro Barbero al convegno “E’ storia” reperibile sul canale Youtube.  Sulla stessa lunghezza d’onda è la sciagurata idea di ridurre i licei a 4 anni. A questo punto servirebbe un minuto di luttuoso silenzio. Quale idea di scuola c’è alla base? Viene da chiedersi cosa sia la scuola a questo punto? Davanti a questa decisione cadono i grandi maestri, le pedagogie, i pensatori, i pensieri stessi, cade la scuola. Fallisce un’epoca.

Resta l’amaro in bocca, alla fine di quest’anno, di questa legislatura, resta quel senso di raggiro che permea di sé ogni azione compiuta nella scuola e fa tremare le gambe mentre si è in procinto di concludere il rinnovo del contratto; un altro pacco (dono) in arrivo statene certi. Sarebbe stato meglio avere una brutta legge invece di una legge così ambigua, così astutamente travestita, così facile da essere venduta ai non addetti ai lavori. Eh sì , perché per parlare di scuola, per decidere sulla scuola, per cambiarla in meglio, per rivoluzionarla davvero, bisogna conoscerla, viverla, amarla, bisogna averla a cuore e fare nostro, di noi tutti lavoratori della scuola di ogni livello, il motto di Don Milani: I care. Buon 2018!