didattica

Gli studenti che sosterranno l'esame di stato stanno facendo il conto alla rovescia. La prima prova è lo scritto di italiano che i ragazzi sosterranno il 20 giugno 2018  e prevede quattro tipologie a scelta del candidato: A. analisi del testo; B. saggio breve o articolo di giornale; C. tema storico; D. tema di attualità. Lo scorso anno la traccia scelta dal Miur per l'analisi del testo della prima prova di Maturità  fu quella su Giorgio Caproni e sul suo componimento Versicoli quasi ecologici, tratto dalla raccolta Res Amissa. Probabilmente anche per l'esame del 2018 sarà scelto un autore e un testo poco conosciuto e studiato perché, come ha precisato  Luca Serianni nella recente giornata di formazione svoltasi  a Pescaraè volontà del legislatore che gli studenti si misurino con un testo che non conoscono e mostrino, oltre a doti espressive,  padronanza delle tecniche di analisi del testo, capacità di contestualizzare il testo proposto e abilità creative. Noi docenti, nel corso dell'anno scolastico, proponiamo un ampio percorso letterario ai nostri studenti che va da Leopardi al secondo '900 includendo i  più grandi nomi della letteratura italiana  (e anche straniera) sui cui testi  i ragazzi esercitano la capacità di analisi. Propongo qui di seguito l'analisi svolta pochi mesi fa da una mia alunna, Marialaura Desiderio, della classe VA del Liceo Scientifico Alessandro Volta di Francavilla al Mare. 

Una lirica famosa di  Giovanni Pascoli, Il Lampo è stata scelta come testo di cui svolgere l'analisi del testo.

 

Il lampo, pubblicata nella terza edizione delle Myricae, è una ballata piccola di endecasillabi nella quale il poeta descrive l’improvvisa apparizione di un lampo che, squarciando il cielo, sembra smascherarne l’aspetto cupo a cui si contrappone il colorito livido della terra che, “ansante”, soccombe “in sussulto” al vento. 3. Il climax ascendente utilizzato nell’aggettivazione della realtà, sottolinea il decadere di una natura personificata (ansante, tragico…) che perde il carattere, apparentemente oggettivo, conservato dalle produzioni pascoliane precedenti. Non vi è mai stata nell’autore, l’intenzione di limitarsi a riportare fedelmente quanto da lui osservato, si cela, nei suoi sonetti e nelle sue ballate, un intento più nascosto: filtrare il mondo attraverso gli occhi del poeta fanciullino che guarda ad esso con il volto stupito di chi, muovendosi al di là della banale apparenza, ne coglie l’essenza, riuscendo a intessere quella rete di corrispondenze segrete, invisibile all’uomo comune. In Pascoli io e realtà si fondono attraverso figure E cielo e terra si mostrò qual era: La terra ansante, livida, in sussulto; Il cielo ingombro, tragico, disfatto: Bianca bianca nel tacito tumulto Una casa apparì sparì d’un tratto Come un occhio, che, largo, esterrefatto S’aprì si chiuse, nella notte nera. E cielo e terra si mostrarono quali erano: la terra come ansimante, di color plumbeo e sconvolta; il cielo pieno di nuvole, cupo e squarciato; Una casa bianca comparve e sparì all’improvviso nel silenzio che precede il tumulto; Come un grande occhio che , atterrito, si aprì e si chiuse nel buio della notte. antropomorfe che condividono o, addirittura, fanno proprie le sofferenze dell’uomo: così la terra appare soffrire, ansimante, mentre il cielo sembra lacerato delle nuvole che lo attraversano, proprio come i lutti che hanno funestato la vita del poeta ne hanno, eternamente, “disfatto” l’uomo. L’inquietudine che domina la scena viene, però, per un istante, placata dalla vista della casa, il cui colore, sottolineato dall’anadiplosi “bianca bianca”, richiama il pallore dell’uomo impaurito a cui la similitudine successiva rimanda, proponendoci l’immagine dell’occhio attonito degli esseri viventi di fronte alle tempeste della vita. Quelle tempesta da cui l’autore affermerà di aver trovato quiete ne “la mia sera” in cui, fatto un bilancio della propria vita, matura la consapevolezza di aver finalmente trovato la serenità tanto bramata e invocata , nel “nido” della propria realtà quotidiana. E’ proprio al nido che rimanda la casa che solitaria, si erge tra il nero delle nubi, proprio alla calma che sembra esistere solo tra le braccia dei propri familiari, la cui perdita si presente come un temporale che riduce l’animo ansimante e sconvolto. 4.I lutti familiari sono al centro dell’intera produzione del Pascoli che, in particolare, affronta, nelle maniere più disparate, la morte che più lo ha segnato, quella del padre. Emblematica la poesia il X Agosto in cui al poeta simbolista che lascia che a parlare siano immagini che celano , al di là una descrizione apparentemente realista e oggettiva, una trama suggestiva di corrispondenze, si sostituisce il poeta quasi oratore. Il quadro di natura presentatoci nel Lampo, lascia il posto a un discorso ideologicamente strutturato in cui l’autore affronta, chiaramente, le grandi questioni metafisiche del male e del dolore. Le corrispondenze si mostrano nella loro evidenza senza la necessità di scavare nella profondità di quei componimenti che evocano quadri di natura che apparentemente si ineriscono nella tradizione impressionista. Il cielo, anche in questo caso personificato , piange i lutti che si susseguono su una terra che , nella sua piccolezza, è solo un “atomo opaco” di sofferenze , di dolore, tra i tanti mondi, lontani e sereni. Torna prepotente la tematica del “nido” punto di contatto tra le due poesie che si mostrano così distinte, in questo rafforzata dall’analogia proposta tra rondine e uomo, entrambi uccisi mentre facevano ritorno nelle proprie case, entrambi sottratti a familiari che, senza di essi , non possono che essere destinati alla sofferenza. 5/6.Nel Lampo la tematica, però, si allarga a coinvolgere tutto il dolore a cui l’insignificante uomo è costretto sulla terra, il lampo diventa, nella sua fugacità simbolo della precarietà della vita, della brevità di quest’ultima che sfugge lasciando all’occhio il tempo unicamente di aprirsi, mostrare lo sguardo attonito di fronte alla morte, per poi chiudersi per sempre. Fa capolino, come nell’Assiulo, la consapevolezza di non poter mai più vedere chi ha attraversato le porte della morte che resteranno chiuse, a dispetto del culto misterico delle dea egizia Iside che prometteva la risurrezione. Il fulmineo apparire del lampo è reso da precise scelte stilistiche: il polisindeto (“e…e..”) iniziale conferisce al testo un ritmo incalzante ulteriormente sottolineato dagli aggettivi disposti in maniera simmetrica , riferiti a cielo e terra . Contribuiscono a rendere il senso di affanno , l’accostamento dei verbi tronchi in -i (apparì sparì), l’allitterazione nell’ultimo verso della lettera -n e l’ antitesi “ si aprì si chiuse”, a sottolineare l’immediatezza e la fugacità. La scelta di eliminare la subordinazione e di prediligere frasi breve in serie paratattiche risponde alla volontà di presentare il mondo attraverso gli occhi di un fanciullo che ,come un novello Adamo, si rivolge ad esso con gli occhi stupiti di chi intende rivelarne il mistero e l’indefinito, mostrando il rifiuto del poeta di una sistemazione gerarchica del reale. Per il Pascoli, ciò che compone il mondo non forma un’unicità organica, non può essere “catalogato” attraverso il ricorso alla logica: per questo il verso appare frammentato da numerose pause e da enjambementes. Questa scelta stilistica è conseguenza di quella crisi della scienza che investe gli ultimi anni del secolo, l’indagine scientifica appare insufficiente per andare oltre l’apparenza delle cose , per attingere a quel mistero verso il quale l’anima ansiosa tende, verso quell’indefinito che , come il poeta affermerà nella “Vertigine”, spaventa, ma, allo stesso tempo, seduce l’uomo, in un dualismo, tutto tipicamente decadente , di paura e tensione voluttuosa verso l’annientamento. 7.Il grido di dolore che riecheggia nell’interiorità del poeta, a cui da voce nell’Assiulo, il singulto e, poi, il pianto di morte di quest’ultimo, nel Lampo, è silenzioso, la poesia si consuma nell’attimo che precede il frastuono, nel momento di calma evidenziato dall’ossimoro “Tacito tumulto” che attraverso l’unione di immagini, difficilmente accostabili, rende con particolare forza espressiva il senso di quella quiete non destinata a durare. 8.Con il gioco seducente delle parole, Pascoli evoca il silenzio che si contrappone a quel “bubbolio lontano “ che apre la ballata il “Temporale” , in cui il poeta attraverso notazioni uditive e visive dipinge l’orizzonte infuocato dai lampi. Si staglia sullo sfondo cupo, proprio come la bianca casa nel “Lampo” il casolare , sapientemente accostato, con una chiara analogia , all’ala del gabbiano, probabilmente simbolo della liberazione con il volo dalle sofferenze e dalle tempeste della vita.

Marialaura Desiderio, classe VA del Liceo Scientifico Alessandro Volta di Francavilla al Mare, a.s. 2017/18.