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Iniziate le procedure concorsuali per la selezione dei nuovi dirigenti scolastici, dopo aver implorato il cielo affinché in questo concorso emergano soprattutto persone dotate di umanità e di vero amore per la scuola, mi fa piacere stilare un catalogo – personale e opinabile – delle tipologie dei D.S., così come li ho conosciuti finora. Le varie tipologie, ovviamente, possono intersecarsi e mescolarsi; accade specialmente con le prime due.

a) Il D.S. burocrate. È probabilmente il tipo più diffuso. Terrorizzato anche dall’aria che respira e dalla propria ombra, il suo massimo incubo è quello di incappare nell’eventualità del “danno erariale” e di essere chiamato a rispondere “in solido” e cose simili. Per lui, o per lei, la scuola è costituita esclusivamente da una serie di pericoli da evitare; teme in particolare i viaggi d’istruzione e lo sportello d’ascolto psicologico: non sia mai nel suo istituto dovesse venir fuori qualche caso di violenza psicologica o fisica perpetrato in famiglia ai danni degli studenti, sai che guai! E allora è indispensabile troncare, sopire, girarsi dall’altra parte. Innamorato della forma e intollerante della sostanza, considerata sempre foriera di problemi, si circonda di collaboratori che acquisiscono potere usando abilmente le sue paure e promettendo di evitargli ogni possibile inconveniente;

 

b) Il D.S. carrierista. Categoria in costante espansione. Gli studenti per lui, o lei, non esistono; il suo unico punto di riferimento è il MIUR, rispetto al quale ogni suo gesto, ogni suo atto, ogni sua decisione rappresenta una strizzatina d’occhio. Il suo obiettivo esclusivo è il prestigio del suo istituto o meglio, in modo nemmeno implicito, quello di chi lo dirige. Pur non sapendo nulla di come si svolge concretamente la vita scolastica (si presenta infatti volentieri al lavoro dopo l’uscita degli studenti da scuola, per non esserne disturbato), è in primissima linea nel sostenere qualunque progetto “all’avanguardia” - per il quale spende parole commoventi e ispirate durante i collegi docenti - capace di gettare fumo negli occhi e di fargli acquisire meriti presso il suddetto MIUR. Riserva grossi investimenti ad ogni tipo di fuffa alla moda, e diventa invece parsimonioso quando si tratta di investire su ciò che realmente incide sulla vita e sull’educazione degli studenti o su progetti che abbiano dei reali contenuti culturali, inutili ai fini della sua carriera. I suoi collaboratori pagano il prestigio del proprio ruolo con le umiliazioni cui sono sottoposti, quando qualcosa va storto e rischia lontanamente di nuocere al buon nome del Capo;

 

c) Il Preside rassegnato. Di solito piuttosto avanti con l’età e vicino alla pensione, vorrebbe fare qualcosa di sostanziale per la scuola che dirige ma – stanco e scoraggiato dalle mille novità burocratiche che ogni giorno ne piegano la volontà e deformano il suo lavoro fino a renderglielo irriconoscibile – si arrende, alza le mani e lascia fare;

 

d) Il Preside Preside. Pensa che la finalità essenziale della scuola sia quella educativa e che un’autentica formazione umana e culturale degli studenti – di cui si ritiene personalmente responsabile – venga prima di ogni altra cosa. I veri Presidi che ho conosciuto, direttamente o indirettamente, si contano sulle dita di una mano, e ne avanzano. Di una, la più straordinaria, vorrei fare nome e cognome: si chiamava Carolina Guardiani.