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 È stato scritto molto a proposito delle parole espresse dallo scrittore e giornalista Michele Serra apparse venerdì20 aprile su L'Amaca di Repubblica: “Non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore, e lo è per una ragione antica, per uno scandalo ancora intatto, il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza. Cosa che da un lato ci inchioda alla struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società (vanno al liceo i figli di quelli che avevano fatto il liceo), dall’altro lato ci costringe a prendere atto della menzogna demagogica insita nel concetto stesso di “populismo”.

 

Successivamente ai tanti commenti e alle tante critiche, lo stesso Michele Serra ha replicato che il suo non voleva essere un commento "classista" come da tanti etichettato. 

 

 

Neanch'io ho visto del classismo nell'articolo di Serra. Vi ho visto piuttosto una visione antica, stereotipata, che non corrisponde alla realtà attuale delle istituzioni scolastiche di un'Italia che è ben diversa da quella di 30-40 anni fa. Credo semplicemente che M. Serra non conosca il mondo della scuola e i cambiamenti, anzi gli stravolgimenti, subiti da chi quel mondo scolastico lo vive ogni giorno.

 

Ho insegnato in Istituti Professionali e Tecnici, anche se la mia esperienza da docente si è concentrata quasi totalmente nei Licei.

Le parole del giornalista Serra, in un primo momento, mi hanno offeso personalmente, provenendo io da una famiglia non con un alto livello culturale ma con un'altissima dignità e rispetto per il prossimo. Valori che i miei genitori hanno trasmesso a noi tre figli, tutti laureati. 

Anche alla mia epoca, che è un po' più vicina al presente di quella di Serra, ciò che lui presenta come verità non aveva riscontro. Spesso, non sempre, i ragazzi più rispettosi ed educati erano quelli provenienti dalle famiglie più umili. La stessa umiltà e rispetto con cui i genitori di quegli alunni colloquiavano coi docenti ai quali avevano affidato la costruzione del bagaglio culturale dei propri figli.

Lo stesso continuo a riscontrarlo adesso, da docente. 

Certo, neanche questa è una regola, tantomeno di natura matematica come la proporzionalità diretta evocata da Serra per dar forza e oggettività al suo discorso.

 

Da docente le maggiori mancanze di rispetto le ho riscontrate nei Licei da parte di figli di professionisti che, guarda caso, non arrivavano al voto ambìto tanto da loro quanto dai genitori. Quando è accaduto, durante i colloqui con i genitori, invece di dialogare sulle difficoltà e su come intervenire insieme per superarle, il refrain genitoriale è stato questo: "Con chi fa ripetizione non ha problemi", oppure "lo aiuto io nei compiti, sa, queste cose le ho fatte anch'io alle Superiori". 

Sicuramente famiglie con un buon livello economico e culturale, ma quando la "cultura" che si possiede non contempla l'eventualità che si possa avere una visione parziale e limitata, se non ci si assume le proprie responsabilità, se ci si pone allo stesso livello di chi ha studiato e lavora ogni giorno in un determinato settore, beh...allora la cultura ha poco spessore.

Ho avuto invece, personalmente, una esperienza in un istituto professionale in cui ricordo il rispetto e persino la curiosità verso la materia. E credo che la mia esperienza possa essere considerata, ne sono certa, come l'esperienza di tanti docenti.

Tutto questo per dire che il rispetto non è legato al tipo di scuola né al ceto sociale di provenienza, e che i problemi che in questi giorni sono emersi con tanta prepotenza riguardo il comportamento di alcuni alunni verso i docenti hanno radici molto più profonde e complesse di quelle esposte dal giornalista.

 La rottura dell'alleanza scuola-famiglia, ad esempio, quando per alleanza si intende che la famiglia si fida del mondo scolastico e affida ad esso la costruzione di parte del bagaglio culturale del proprio figlio/a. Alleanza che, nella mia opinione, le varie riforme e controriforme succedutesi negli anni hanno contribuito a spezzare, pur proclamando invece il contrario. 

Inoltre, uno dei problemi attuali della scuola è rappresentato dal fatto che i figli di coloro che hanno fatto il Liceo sembra debbano per forza fare il Liceo anche quando è evidente che incontreranno difficoltà o quando non stanno seguendo la loro vocazione ma solamente i desideri genitoriali. Talvolta, nel parlare con alcuni genitori, mi è stato detto che preferiscono la realtà liceale, percepita come più "protetta", rispetto agli Istituti Tecnici e Professionali.

Personalmente ritengo questo la conseguenza nefasta della Riforma dei Licei con conseguente sempre maggior indebolimento degli Istituti Tecnici e Professionali che, unitamente alla crisi economica e alla scarsità di politiche industriali ed economiche da parte di chi era deputato ad occuparsene, ha fatto sì che l'istruzione tecnica e professionale diventasse sempre meno appetibile. 

E forse- e su questo do ragione a M. Serra- assistiamo ad un sempre maggiore divisione, spesso questa sì legata alla condizione economica e culturale, tra chi frequenta Istituti Tecnici e Professionali e chi frequenta i vari Licei che, di Liceo, hanno spesso solo il nome.  

 Il discorso sulla realtà scolastica, sul perché e sul per come siano possibili alcune dinamiche ritenute impensabili fino a qualche tempo fa è, come sappiamo, un discorso molto complesso e pertanto non riducibile a teorie semplicistiche, tantomeno da parte di chi, quel mondo, non lo vive ogni giorno dal di dentro.