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Si ha l’impressione che le numerose “riforme” della scuola degli ultimi vent’anni abbiano introdotto  e minaccino ancora di introdurre continue trovate inutili o dannose – fuffa, fregnacce o ammuina, a seconda della regione – pur di evitare le pochissime cose che richiedono coraggio e risorse e che sarebbero veramente determinanti per restituire alla scuola il ruolo che merita:

1) Gli insegnanti devono stare con gli studenti, che hanno un estremo bisogno di figure di riferimento, nel contesto “contenitivo” dell’aula, e devono fondamentalmente parlare con loro; gli studenti non devono superare il numero di quindici-venti per classe, perché il rapporto sia sufficientemente personalizzato e umano e perché possa formarsi il senso del gruppo, di cui l’insegnante rappresenta la guida. Basta dunque con le classi-baraonda di trenta alunni, basta con i “potenziamenti” (che per la prima volta hanno reso una possibilità tra tante, e non più una certezza, il legame tra insegnanti e insegnamento), basta con i finti progetti sempre più burocratizzati e inutili, o meglio utili solo per l’indotto che creano (primi fra tutti quelli dei ‘poli formativi’ per i docenti), basta con l’obbligo dell’“alternanza” (sempre più spesso, paradossalmente, lezioni tenute a scuola da improvvisati ‘maestri del lavoro’, che di solito non hanno la minima idea di come si parla con gli studenti), con funzioni organizzative e burocratiche, basta con tutte le cose che si fanno non si sa perché, che sottraggono un’infinità di tempo ed energie agli insegnanti e fanno passare in secondo piano, nella mente degli adulti (figuriamoci in quella degli studenti), l’attività pedagogico-didattica, che è l’unica indispensabile;

2) La selezione e/o preparazione degli insegnanti dev’essere finalizzata a mandare in classe persone estremamente esperte e profondamente appassionate delle proprie discipline, che siano capaci a loro volta di motivare e appassionare in maniera creativa gli studenti e di curare gli aspetti umani ed affettivi della relazione (anche con l’aiuto e i consigli di psicoterapeuti che siano presenti per almeno due giorni alla settimana negli indispensabili sportelli d’ascolto). Gli insegnanti sono infatti contemporaneamente degli intellettuali e dei pedagoghi, capaci di trasmettere un senso vivo della cultura che gli studenti possano avvertire come un arricchimento delle proprie vite. Gli insegnanti, in questo senso, non devono ‘insegnare competenze’ (concetto di cui persone sane di mente riderebbero a crepapelle, dal Catone del “rem tene, verba sequentur” in poi) ma far sì che gli studenti sviluppino le proprie competenze attraverso l’acquisizione dei contenuti disciplinari, come è sempre accaduto nella storia dell’umanità;

3) Senza aspettare lo scoppio eclatante di situazioni di degrado educativo e di violenza, agli insegnanti devono essere dati strumenti semplici ed efficaci - di cui l’istituzione, dalla singola scuola all’intero sistema educativo, si assuma la responsabilità - per mettere in chiaro, anche con le famiglie, dal primo momento in cui uno studente mette piede a scuola e dal primo minuto di lezione, che il rispetto delle regole e l’impegno sono le condizioni indispensabili (con modalità diverse all’interno e al di fuori dell’obbligo scolastico) per la permanenza nella classe e per la continuazione del percorso scolastico. Tra questi strumenti, quello più utile è probabilmente la sospensione senza obbligo di frequenza, sia perché l’esclusione dal gruppo, specie per gli adolescenti, è un segnale molto forte, sia perché il gruppo stesso può essere più facilmente ristrutturato nel periodo di assenza forzata di quegli elementi che hanno assunto, più o meno volontariamente, un ruolo negativo all’interno della classe.

Per rendere il contesto scolastico nuovamente credibile, è inoltre indispensabile prevedere per i Dirigenti scolastici, che dovrebbero farsi davvero garanti del rispetto delle regole, la netta riduzione delle incombenze burocratiche connesse all’ ‘autonomia’ ed il ritorno a responsabilità quasi esclusivamente educative, che rappresentano l’unico vero senso dell’esistenza della scuola. Deve diventare nozione ovvia che all’interno degli istituti scolastici, istituzioni preesistenti a loro, gli studenti sono i graditi ospiti, non i padroni, e che le decisioni su ciò che avviene in classe vengono prese dagli adulti. Se vengono dati loro regole e limiti precisi – e soprattutto, se queste regole e limiti vengono fatti rispettare - gli studenti, dopo una prevedibile opposizione iniziale, si adeguano molto velocemente; ciò che li confonde è sempre la mancanza di chiarezza e di determinazione da parte del contesto educativo: indifferenza, abulia, disprezzo per l’istituzione, atteggiamenti oppositivi e provocatòri (volti in realtà a mettere alla prova gli adulti), nullafacenza, depressione, disorientamento e rabbia, capace di sfociare in gesti violenti nei confronti degli stessi insegnanti, come i recenti casi di cronaca ci confermano, diminuiscono man mano che i limiti contenitivi imposti con serenità e fermezza dall’istituzione si rafforzano, rassicurano e fanno chiarezza, senza lasciare possibilità e spazi ad alternative  distruttive. 

Ecco, una scuola così avrebbe  veramente senso, sarebbe portatrice di idee, di vita e di futuro.