didattica

Da Abruzzese, che vive con ansia e patema accorato le tristi vicende che si sono abbattute, in quest'ultima settimana, sulla mia meravigliosa terra, sono profondamente disgustata dalla vignetta pubblicata della rivista satirica Charlie Hebdo riguardante la disgraziata vicenda dell' hotel di Rigopiano da cui, in queste ore, i preziosi soccorritori stanno estraendo superstiti.

La salvaguardia della libertà di espressione è una battaglia che sento mia da sempre, soprattutto in un Paese, l'Italia, classificato al 77 esimo posto per libertà di espressione. Si tratta, infatti, di uno dei principi basilari della democrazia. Nell' antica Grecia era chiamata parresìa termine composto di "pan" tutto e "rhema" discorso.

Dire tutto, dunque. Si trattava del diritto e del dovere attribuito al cittadino, e specie all'uomo pubblico, di dire tutto, di non frapporre filtri o deformazioni o censure fra ciò che pensa e ciò che dice: dire tutto, e quindi, dire la verità. Fin dal V secolo a.C. Euripide, Socrate, Platone, Aristotele ritengono che vi sia uno stretto collegamento tra politeia, esercizio politico del potere, e parresìa, il comportamento morale del buon cittadino che parla dicendo la verità. Euripide per primo utilizzò il termine parresìa per indicare la virtù di dire la verità.

La parola parresìa attraversa la letteratura greca sino alle opere della patristica del V secolo d.C. e per l'ultima volta si ritrova in Giovanni Crisostomo. Da allora, come afferma Michel Foucault in "Discorso e verità nella Grecia antica" questa virtù non compare più e si perde il coraggio di dire la verità. Foucault rintraccia varie forme di parresìa nei drammi di Euripide. Si tratta anche di un modo di parlare a un individuo, all’anima di un individuo: un atto che riguarda la maniera in cui quest’anima verrà formata.

Un ostacolo alla parresìa poteva venire dal confondere tale principio con la retorica, uno "strumento con cui chi vuole esercitare il potere non può che ripetere molto puntualmente ciò che vuole la folla, oppure ciò che vogliono i capi o il Principe. La retorica è un mezzo che permette di persuadere la gente ad abbracciare posizioni che sono già le sue..." afferma M. Foucault ne "Il governo di sé e degli altri". Nell'Apologia di Platone appuriamo che per Socrate la parresìa filosofica coincide con la vita reale: non è solo una tecnica dialogica, «essa non è assolutamente una funzione politica, ma è necessaria in relazione alla politica». Per il filosofo dire la verità vuol dire praticare la parresìa come scelta di vita.

Gli antichi Romani distinguevano nettamente tra due concetti: quello della “libertas”, che designava la condizione del cittadino libero, ma soggetto alle leggi, e quello della “licentia”, ossia l’atteggiamento sfrenato e arrogante di chi credeva di potersi permettere di essere al di sopra delle leggi.

Il primo dei due concetti era sacrosanto, il secondo invece esecrato e punito, soprattutto quando era assunto da chi aveva responsabilità politiche e cariche pubbliche. Gli antichi, sia Greci che Romani, avevano dunque il senso della misura. "Est modus in rebus" diceva Orazio, “sunt certi denique fines, Quos ultra citraque nequit consistere rectum” (Satire, I, 106-7). “Vi sono precisi limiti al di là o al di qua dei quali non può essere il giusto”. Secondo Orazio, cioè, non vi è un retto giudizio sulle cose se esso non s'identifica con la loro vera entità.

Ma oggi purtroppo, forse anche perché si sono perduti il senso storico e il senso civico, questo limite si è largamente superato e i due concetti di “libertas” e di “licentia” vengono grossolanamente confusi. Da alcuni decenni a questa parte, infatti, si è affermata ovunque, in tv, sulla stampa, nella vita sociale, politica, nella Satira, la logica del “tutto è lecito”, cioè la falsa credenza che sia lecito a ciascuno di dire e fare quel che vuole, infischiandosene delle leggi scritte e di quelle non scritte, quelle cioè del decoro e della coscienza umana. Questa neobarbarie culturale fa sì che i vignettisti satirici di Charlie Hebdo, per ottenere audience, svendano al miglior offerente la sacralità della vita umana.