Da due giorni non si parla di altro. La notizia della studentessa con la pancia di fuori richiamata dall’insegnante è su tutti i giornali. Ci ha persino distratti dal pericolo di una guerra in Ucraina. Eppure sarebbe da derubricare come storia di ordinaria attività scolastica. Una alunna entra a scuola con abiti non consoni al contesto quindi viene richiamata anche se in modo forte.


Scioperi a scuola, manifestazioni, inni alla libertà di espressione e di vestirci come ci pare, i giornali ci hanno raccontato ogni minimo dettaglio, compresa l’umiliazione della prof che alla fine ha chiesto scusa per aver fatto il proprio lavoro.

E allora ci si chiede cosa sta accadendo. Come mai ogni notizia è buona per gettare fango sulla categoria degli insegnanti.

Ma in nome di questa libertà posso anche io presentarmi in bermuda e maglietta? Magari per mostrare la mia abbronzatura estiva al rientro dalle vacanze? Leggendo i vari commenti sui social nelle pagine dei giornali, viene fuori una immagine devastante della scuola. Qualcuno addirittura da della bacchettona alla prof.

Ma adesso io mi chiedo: se vado a scuola in bermuda e maglietta, qualcuno avrà qualcosa da dire? Sarò normale? Di certo non sono nudo, non sono volgare, non mostro segni di squilibrio perchè vesto come quando vado al mare o sono in completo relax. Perchè mai dovrebbero limitare la mia libertà di vestirmi come mi pare? Sarò un insegnante pessimo se vado a scuola così. O forse potrò insegnare informatica come e più di prima?

Del resto a giugno alla partitella di pallavolo a scuola Prof. vs Studenti (che abbiamo anche vinto) ero in pantaloncini e canottiera. Cosa cambia?

E qui, occorre sedersi un attimo a riflettere. Occorre forse parlare di meno e pensare di più. Perchè neanche se vado alla prima alla Scala (ammesso che intenda sperperare il magro stipendio per andarci), sarebbe opportuno vestire bermuda e maglietta, visto che uno smoking magari non ce l’ho.

Quindi cosa rispondere a chi si scaglia contro gli insegnanti, chi difende la “libertà” di espressione, chi parla di sessismo? Ci sono codici di comportamento? C’è una legge che vieta di andare a scuola in bermuda?

Da un paio di anni si fa un gran parlare di Educazione Civica e poi accadono a scuola episodi di pessima educazione e di mancanza di civiltà e rispetto delle istituzioni?

Ecco, forse la risposta più semplice sta in quelle leggi non scritte, nel rispetto delle istituzioni, nel rispetto degli altri che le frequentano. E non sarà certo una legge per quanto ben scritta a definire quanto corta debba essere una gonna o quanta pancia si possa mostrare.

La scuola è una istituzione culturale e comunque va rispettata. Certo non solo con un abbigliamento consono ma di certo quello fa parte del decoro di una istituzione, per il resto possiamo scrivere interi libri.

Per quanto mi riguarda pur sentendo caldo nelle afose giornate di giugno o settembre dovrò andare a scuola coperto, almeno sino alla caviglia e non certo per un qualche retro pensiero medievale. Ricordo che in più di un paio di occasioni ho avuto il piacere di partecipare a delle audizioni al Senato. E niente: anche a luglio si entra in giacca e cravatta, con 40 gradi di temperatura. E’ il rispetto per una istituzione, non va aggiunto altro.

Veniamo alle parole della collega. Parole sicuramente forti che magari non andavano pronunciate. Ma allora perchè le ha pronunciate? Conosciamo l’intera discussione o solo una frase? Chi insegna sa quale sia il livello di sopportazione cui si è esposti. Sa che un consiglio detto pacatamente non sortisce effetto. Sa quanto gli studenti riescano a far perdere la pazienza. E quindi basta una frase infelice pur nel contesto adatto per svuotare di significato la situazione e addirittura dimenticarci che tutto questo accadeva mentre l’insegnante e la ragazzina venivano ripresi. Si, avete capito bene, ripresi con un cellulare.

Ma cosa ci fanno dei ragazzini a scuola che riprendono con un cellulare una scena de tik tok? Evidentemente non interessa a nessuno. E’ più interessante estrapolare la frase e mettere in croce una insegnante e con lei l’intera scuola bacchettona, sessista, incapace, che deve inginocchiarsi e chiedere scusa, magari licenziarla.

Ci avevano detto che ne saremmo usciti migliori ma evidentemente si sono sbagliati.

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