Le notizie di questi ultimi giorni mostrano una coalizione vincitrice delle elezioni al lavoro e con partiti in rotta di collisione e sulle nomine dei vari ministri nei vari dicasteri. Il toto ministri circola tra i giornali con nomi che cambiano più velocemente di quanto Berlusconi cambia strategia ma su istruzione difficilmente si legge qualcosa.


Se da un lato per tutta la campagna elettorale ogni partito voleva prendersi cura degli insegnanti, dei loro stipendi, del reclutamento di spendere di più sulla scuola, dall’altro adesso pare che nessun partito scalpiti per dirigere un ministero così importante come quello dell’istruzione. La cosa più impressionante riguarda gli organi di stampa che non citano mai papabili all’istruzione se non sporadicamente.

Ma come mai un ministero così importante venga snobbato al punto tale da “lasciarlo” ai massimi “esperti” di istruzione nella Lega, quella che di scuola non ha mai partorito alcuna idea buona o cattiva che sia?

Probabilmente la risposta va trovata nella difficile gestione di una baracca come quella della scuola maltrattata e con tanti nodi da sciogliere. La scuola italiana è un carrozzone con 200mila docenti supplenti all’anno, uno su 5, stipendi al palo dopo 4 anni di vacanza contrattuale, docenti arrabbiati per tutte le precedenti riforme e mai ascoltati, concorsi che non funzionano, reclutamento completamente sballato e tanti altri problemi. Chi vuole farsi carico della gestione di un carrozzone del genere? Inoltre non c’è da fare alcuna politica che faccia i comodi di qualcuno. Non ci sono soldi, non ci sono grandi appalti, non ci sono imprese e gruppi di interesse da favorire, insomma solo rogne.

E’ forse per questo che persino i giornali dimenticano che esista un comparto con oltre 1,2 milioni di dipendenti e circa 8 milioni di studenti da gestire, il più grosso della pubblica amministrazione. Un dipendente dello stato su 3 lavora nella scuola.

Ma chi sono i papabili alla guida del ministero dell’istruzione? Una volta assodata la separazione tra istruzione e università (che tra l’altro non vive proprio di buona salute, al pari della scuola dell’obbligo), Forza Italia ha tentato di proporre Ronzulli e Bernini, due persone che proprio della scuola non sanno nulla. Ricevuto il NO categorico della Meloni su Ronzulli, inizia il valzer dei nomi che circolano ma solo negli ambienti scolastici e delle relative testate giornalistiche. Valditara è uno di questi, persona in quota Lega che ci ricorda il relatore che fu della riforma Gelmini, uno dei peccati originali della scuola del terzo millennio. Fine, non ci sono altri “papabili”. I giornali della scuola provano a far lievitare il nome di Pittoni spinti anche da qualche docente ma si tratta di una proposta molto debole.

Senza voler entrare nel merito il senatore Pittoni, pur essendosi speso nell’accogliere proposte tra le più variegate, non è andato oltre l’ascolto e non è entrato mai nel merito di serie proposte. A lui nella precedente legislatura è stato preferito Sasso come sottosegretario di Bianchi. Insomma, Pittoni non convince soprattutto perchè non rappresenta ciò che si fa a scuola: lo studio. Come da lui scritto a mano libera su carta nel curriculum, i suoi studi si sono fermati alla terza media. Ben poca roba per poter vantare conoscenze tali da fare proposte sulla scuola, ben poca roba per convincere gli studenti a studiare se proprio dovranno essere costretti a vedere in lui un esempio di chi senza studiare ha sfondato ed è arrivato proprio nel tempio dello studio.

E quindi forse quella della scuola è una occasione perduta. Se proprio i partiti non son o tanto interessati alla scuola, come mai non individuano un tecnico alla guida del ministero? Magari un nome che i più non conoscono che abbia un passato importante tra scuola e università, un esperto che venga dai piani alti del ministero o degli uffici territoriali della scuola, uno studioso. Vero è che abbiamo avuto pessimi ministri provenienti da ogni settore. Bianchi docente universitario, Giannini rettrice, Azzolina insegnante ma di certo occorrerà provare a risolvere i problemi della scuola e un Paese che non ha un chiaro programma sulla scuola è un paese che non ha futuro ed è destinato a fallire.

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