Secondo una recente sentenza della Cassazione la modifica dei voti dati in precedenza fatta a ridosso degli scrutini costituisce un reato penale di falsificazione in atti d’ufficio. La sentenza 34479/2021 pubblicata di recente spiega nel dettaglio i motivi secondo i quali viene condannata una insegnante che in prossimità degli scrutini aveva modificato dei voti dati in precedenza e resi visibili ad alunno e famiglia.


Con questa sentenza importante la Cassazione sana un vuoto legislativo importante rappresentato da uno strumento informatico come il registro elettronico. Del resto la possibilità di modificare informazioni in qualsiasi momento ha reso attuabili modifiche che a penna sul registro cartaceo sarebbero di per sé impossibili.

Il registro elettronico, quindi, costituisce atto pubblico alla stregua del registro cartaceo e come tale il docente, pubblico ufficiale, è responsabile dei dati in esso inseriti ed eventualmente modificati come presenze voti, attività didattiche svolte. Ad esso quindi si applicano le norme vigenti per la compilazione del registro cartaceo e valgono, quindi, le sentenze già esistenti della stessa corte di Cassazione su eventuali dati manomessi sul registro. ( Sentenza, n. 12862 del 21/09/1999 Corte di Cassazione).

Per la Cassazione il registro elettronico è un documento informatico avente efficacia probatoria e quindi sottoposto a “tutela della fede pubblica attraverso la salvaguardia del documento informatico nella sua valenza probatoria. La lesione o la messa in pericolo del bene tutelato, infatti, si realizzano solo quando la falsificazione introduce falsamente e fa venir meno la prova in ordine a un dato oinformazione contenuto nel documento”.

Queste importanti affermazioni hanno altresì una valenza di conferma, qualora ce ne fosse bisogno, del fatto che il registro elettronico va usato con attenzione e cautela soprattutto laddove le informazioni in esso inserite siano rese pubbliche. Il registro, continua la sentenza, va compilato tempestivamente e vi si annotano gli eventi che avvengono durante le attività didattiche. Quindi secondo la sentenza sarebbe da evitare l’inserimento di valutazioni e altre note che occorrono nel passato.

E’ anche vero che l’insegnante nell’esercizio libero della propria professione, avrebbe potuto dare una valutazione finale totalmente svincolata dalle valutazioni intermedie (che sono state manomesse dalla stessa per renderle coerenti con il voto finale). Anche su questo la corte di Cassazione si pronuncia. “anche nelle valutazioni periodiche del rendimento degli alunni la professoressa era tenuta a uniformarsi ad obiettivi e standard formativi predeterminati, che escludevano in radice la possibilità di formulare giudizi in termini assolutamente discrezionali e arbitrari”.

Sembra decadere ogni possibilità di formulare giudizi non motivati che non siano nell’interesse dello studente. La Cassazione parla di “standard formativi predeterminati” sicuramente riferendosi ai criteri di valutazione decisi in sede riunioni collegiali e concordati con altri colleghi per dare un indirizzo unico all’azione formativa e valutativa. Da qui il rischio di rendere arbitraria la propria valutazione finale qualora ci fossero incongruenze con quelle intermedie. In poche parole sbaglia la collega a modificare i voti perché commette un grave illecito manomettendo un atto pubblico e avrebbe sbagliato lo stesso se pur mantenendo i voti così come erano, avesse dato un giudizio finale completamente diverso dalle valutazioni intermedie. Qui la Cassazione si inserisce nel delicato processo di valutazione dove la discrezionalità del docente dovrebbe avere un peso sempre se motivata nell’interesse dello studente.

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