Come spesso accade, non è mai il momento sbagliato per sentirsi dire sempre le stesse frasi: beato te che lavori solo 18 ore a settimana, oppure: vorrei avere anche io 3 mesi di vacanza.
Le risposte si sprecano e spesso vanno tutte nella stessa direzione: smentire i falsi miti della professione dell’insegnante. Risposte che eviteremo di elencare perchè tutti i docenti conoscono.
La prima cosa che deve saltare all’occhio è il fatto che il lavoro di chi opera nella cultura non può solo quantificarsi in ore. Un insegnante impiega del tempo per aggiornarsi e lo fa leggendo libri, documentandosi, aggiornandosi anche senza necessariamente seguire corsi di formazione.
Ciò che spesso viene preso di mira è il tempo dedicato alle lezioni frontali. avviene la stessa cosa con i medici e con i docenti universitari di cui un comune cittadino vede solo la presenza in pubblico senza capire cosa ci sia dietro.
Dietro ogni ora di lezione ce n’è almeno un’altra tra preparazione della lezione e correzione delle prove scritte. Dietro ogni ora di lezione c’è tanto di materiale didattico realizzato, analizzato adattato alla classe e spesso al singolo studente. Dietro ogni anno scolastico ci sono riunioni interminabili, scrutini, valutazioni, burocrazie che non vengono svolte nelle 18 ore (o 24 o 25 ore se passiamo dalla secondaria a primaria e infanzia).
Come si fa a quantificare il lavoro sommerso visto che spesso si tratta di esercizio di affinamento culturale ed aggiornamento professionale?
E veniamo alle 18 ore frontali, quelle trascorse di fronte anche a 30 studenti, molti dei quali non vogliono saperne di stare in classe, di rispettare le regole, di studiare e di vivere la scuola. Ci sono scuole di frontiera dove è già un successo avere tutti gli studenti presenti. Una azione, un lavoro interessante, una strategia adeguata può portare al successo formativo. E non si tratta di lavoro che si può quantificare in ore.
Un insegnante che mette in atto una adeguata strategia didattica finalizzata al successo formativo, lavora mettendo insieme tutte le competenze acquisite in ogni sede e in ogni momento della sua carriera. Un po’ come il bravo medico capace di diagnosticare un disturbo. Non sarà certo quel quarto d’ora a costare tanto ma la sua esperienza che lo porta alla diagnosi corretta. Nessuno si sognerebbe mai di argomentare su una parcella molto alta facendo due conti su quel quarto d’ora valido per la diagnosi.
Ecco, il lavoro del docente non si può quantificare in ore e le 18 ore frontali sono una parte del suo compito. Se necessario egli ha anche bisogno di tempo per frequentare librerie, partecipare a seminari anche on line, confrontarsi informalmente con i colleghi. Tutto questo è lavoro di fine cultura avulso da ogni forma di quantificazione oraria.
Negli anni abbiamo assistito al dissolvimento dello stato giuridico dell’insegnante ridotto sempre più a figura impiegatizia senza carriera anche sul piano contrattuale. Tuttavia occorre ricordare che la figura dell’insegnante si palesa chiaramente quando leggiamo l’articolo 33 della Costituzione:
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi….
E allora, chi invidia i “benefit” tanto desiderati si faccia avanti: ogni anno vanno in pensione circa 25mila insegnante e c’è sempre bisogno di nuovi professionisti della cultura.
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