l 25 maggio 2020 è stato pubblicato da Anp (“Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità [!] della scuola”, l’ex Associazione Nazionale Presidi) un lunghissimo e farraginoso documento intitolato “Proposte Anp per la riapertura delle scuole a settembre”. Attenzione, il titolo è fuorviante: come si vedrà, il reale oggetto del documento non è la riapertura delle scuole a settembre, ma un vero e proprio progetto per la “scuola del futuro”, nella quale gli insegnanti diventino i meri esecutori – nei contenuti, nei metodi e negli strumenti dell’insegnamento – dei diktat di un Dirigente cui siano stati conferiti poteri assoluti, attorniato dal suo “middle management”. Rispetto a tale progetto, l’“occasione” rappresentata dall’emergenza è solo il punto di partenza. Riporto qui solo alcuni passaggi, per non infierire sulle persone più impressionabili.


Le frasi tra parentesi quadre e i grassetti sono miei: 

EVIDENZE…

“È evidente, quindi, che a settembre il mondo della scuola non potrà più replicare quello precedente all’emergenza e che l’autonomia scolastica – in verità mai pienamente attuata – dovrà rappresentare la prima risorsa concettuale per la ripartenza e l’innovazione”.

“Per fare tutto questo, è necessario “liberare” il ruolo dirigenziale da vincoli e costrizioni che nulla hanno a che fare con il principio costituzionale [???] del buon andamento ma che favoriscono, al contrario, conflittualità deleterie per il clima relazionale e, in definitiva, per la funzionalità del sistema” [vera ossessione degli estensori del documento è l’abolizione di ogni potere degli organi collegiali; un’abolizione che renda il dirigente ‘dominus’ assoluto, libero tra l’altro di qualunque controllo dall’alto, visto che contemporaneamente si chiede che lo Stato paghi e si faccia gli affari suoi, come previsto dall’ ‘autonomia’].

“I docenti dovranno volgere decisamente la loro attività alla promozione dell’apprendimento autentico, attraverso un approccio di school improvement, ossia attraverso comportamenti di agevolazione del processo di formazione in uno scenario orientato alla cultura della competenza. L’introduzione di un vero middle management di supporto al dirigente non appare più rinviabile [‘school improvement’, ‘middle management’: ma quanto fa fico l’inglese? Per l’imposizione di qualunque moda del didattichese da parte del dirigente vedi sotto].

PROPOSTE…

 “L’aggiornamento della governance delle scuole, cioè delle competenze degli organi collegiali, anacronisticamente ferme alle disposizioni legislative emanate nel lontano 1974 e spesso in stridente contrasto con le prerogative dirigenziali, come peraltro denunciato già nel 2000, agli albori dell’età autonomistica, dal Consiglio di Stato [vedi sopra];

L’attuazione di un adeguato piano di formazione di tutti i docenti sia dal punto di vista tecnologico sia, soprattutto, da quello didattico [cioè d’ora in poi insegnate quello che diciamo noi e come diciamo noi; vedi oltre];

la revisione della costituzione e della modulazione oraria delle relazioni classi-gruppi-docenti;

lo snellimento dei curricoli ordinamentali, prevedendo maggiori opzionalità e facoltatività per le scelte delle famiglie;

la revisione del sistema di valutazione degli alunni che integri i voti in decimi con i livelli di competenza e le relative certificazioni”.

QUESTI INUTILI LIBRI…

“Alcune istituzioni scolastiche, riducendo le spese per la dotazione dei libri attraverso la concessione di un certo numero di testi in comodato d’uso agli studenti del primo anno, già consentono alle famiglie un risparmio che può essere poi utilizzato per l’acquisto di device; Questo sistema potrebbe essere potenziato e generalizzato, prevedendo convenzioni di favore per le famiglie che si rivolgono alle aziende maggiormente interessate al settore scolastico. Si potrebbe addirittura prevedere che siano le scuole a fornire la totalità dei libri, in formato ebook, senza oneri per le famiglie che dovrebbero così provvedere esclusivamente all’acquisto dei device [chiaro? Non compri i libri ma i ‘device’ sì. Se proprio proprio vuoi sbirciare un libro, se proprio proprio non puoi farne a meno, ci sono gli e-book. Alla faccia di tutti coloro che denunciano i pericoli dell’iperconnessione e i danni derivanti dall’abuso dei mezzi tecnologici da parte dei giovanissimi]”

I CONTENUTI E LE METODOLOGIE TE LI DICIAMO NOI, E NON SCAPPI (alla faccia della libertà di insegnamento)…

 “Insegnare a distanza non equivale a replicare, con strumenti diversi, la stessa didattica realizzata in presenza; occorre riprogettare i percorsi formativi utilizzando modelli pedagogici e didattici pensati per avvalersi di tutte le (notevoli) potenzialità del digitale.

Questo richiede il superamento dell’idea della trasmissione della conoscenza, l’ampliamento della visione dell’apprendimento, da realizzarsi attraverso l’utilizzo di pratiche didattiche innovative, e il ripensamento della valutazione che non ha solo lo scopo di misurare le conoscenze apprese, ma anche e soprattutto quello di certificare le abilità e le competenze acquisite dall’alunno [solite chiacchiere in didattichese puro].

La formazione deve essere integrata e considerata indispensabile e doverosa per la professionalità del docente, evitando che sia fruita esclusivamente dagli insegnanti più motivati e coinvolti nei processi didattici. Dovrebbe quindi essere resa obbligatoria, anche attivando una specifica sequenza contrattuale [ti formi solo come dico io], e tempestiva, in quanto la ripresa di settembre è ormai molto vicina”.

“I dirigenti, ipotizzando soluzioni organizzative da individuare in sinergia con le diverse figure professionali e avvalendosi eventualmente della collaborazione con soggetti esterni [quali? Con il controllo da parte di chi, visto che gli organi collegiali dovrebbero essere polverizzati e il Ministero dovrebbe ‘lasciar fare’?], dovranno agire come veri leader dell’innovazione. In altri termini, essi dovranno favorire l’individuazione e l’attuazione, da parte di ogni istituzione scolastica, di scelte didattiche maggiormente in linea con i più avanzati approcci pedagogici e docimologici che consentano di rivedere le pratiche didattiche sinora utilizzate, conquistando miglioramenti significativi e destinati a sopravvivere al Covid-19 [insomma, non importa più quello che insegni, che risultati ottieni, quanto sei preparato, se insegni bene o male: l’importante è che il Dirigente abbia il potere di costringerti ad adeguarti alla “didattica per competenze”, all’uso delle “nuove tecnologie”, alle mode più insulse del didattichese, a prescindere da ciò di cui hai davvero bisogno, con un totale rovesciamento tra fini e mezzi e calpestando del tutto il principio costituzionale della libertà d’insegnamento. Nuove tecnologie e nuove metodologie non sono più utili strumenti, da usare quando servono; diventano un orizzonte totalitario che prescinde da qualunque contenuto – anzi, diventano esse stesse IL contenuto – e da qualunque progetto educativo si stia portando avanti. E sia ben chiaro che il Covid-19 è solo il pretesto per introdurre cambiamenti strutturali in tal senso che devono diventare definitivi]

“Solo un docente in possesso di tutte le meta-competenze indispensabili per impadronirsi del mondo della didattica “speciale” interfacciata anche con l’elaboratore potrà garantire un’azione didattica efficace, funzionale e inclusiva [insomma, cosa fa un docente e come lo fa lo diciamo noi]”.

CONCLUSIONI…

“L’esigenza diffusa di riprendere a settembre, almeno in parte, le attività didattiche in presenza deve essere accompagnata dalla consapevolezza della straordinaria opportunità [no comment; non so se stiamo parlando della stessa pandemia che ha fatto trentamila morti e ha costretto gli studenti a rimanere senza scuola per mesi], scaturita dalla situazione emergenziale, di sviluppare in ciascuna istituzione scolastica autonoma delle differenziate modalità organizzative e didattiche, più funzionali ai bisogni formativi del territorio di riferimento. Si tratta di un’autentica sfida verso il cambiamento e l’innovazione che deve trovare pronta ciascuna autonomia scolastica non solo ad affrontarla, ma anche a diffonderla e condividerla con tutti gli stakeholders [sottotitolo: ma quanto fa fico l’inglese parte 2?]”.

“Si devono quindi eliminare, quanto più possibile, i vincoli burocratici e gli ostacoli organizzativi che impediscono ai dirigenti di assumere con la dovuta celerità le decisioni inerenti alla gestione delle risorse umane, economiche e logistiche. Così come si deve ridurre – e auspicabilmente eliminare – la tendenza del Ministero dell’istruzione a dettare regole di gestione del quotidiano, soprattutto in materia di personale [appunto: nessun controllo da parte degli organi collegiali ma nemmeno da parte del Ministero. Della serie Kim Jong-un ci fa un baffo]”.

“Aggiornamento delle competenze attribuite agli organi collegiali [chiodo fisso, vedi subito sopra], attraverso una revisione del testo unico di cui al d.lgs. 297/1994 per evitare disfunzionali sovrapposizioni e conflitti con le prerogative dirigenziali [praticamente chiunque non è d’accordo potrebbe essere accusato di creare ‘disfunzionali sovrapposizioni e conflitti’]”.

“Introduzione di un vero e proprio middle management, da inserire nel livello professionale dei “quadri”, con funzioni di supporto al potere organizzativo detenuto dalla dirigenza scolastica [aridaje!]”.

“Incremento delle risorse economiche a disposizione del dirigente scolastico per compensare il lavoro straordinario nelle sue varie forme quali-quantitative [in cambio della bellissima invenzione del termine ‘quali-quantitative’ lo Stato, senza ovviamente chiedere nessuna garanzia, dà ai dirigenti ampi fondi per fare tutto quello che gli pare]”.

“Varo immediato di una massiva e capillare iniziativa di formazione destinata a tutto il personale, docente (innovazione didattica, docimologia, tecnologia) [chiodo fisso incontrato più volte]”;

“In conclusione, la minaccia costituita dal Covid-19 può essere un’opportunità per apportare al nostro sistema educativo consistenti miglioramenti strutturali [ancora l’epidemia come “opportunità”: sta finendo prima del previsto, questo obbliga ad affrettarsi nelle proposte per la “nuova scuola” e infatti…] ma il decisore politico deve assumersi rapidamente la responsabilità delle scelte necessarie”.

(al link il documento completo: https://www.anp.it/le-proposte-anp-per-la-riapertura-delle-scuole-a-settembre/?fbclid=IwAR1dhby5fX2Nua8AN4lkLPICxcN-lImOabqqjMkTH5pAradicuMA7ZZ1lgs)

 Va da sé che tutto il sistema poggia sul superamento delle “conoscenze”, sulla piena attuazione – “finalmente” – della didattica “per competenze” (cosa poi debba sapere un Dirigente-manager di didattica rimane un mistero), attraverso un approccio “inter-multi-pluridisciplinare”; che bisogna procedere a una rimodulazione dell’attività didattica che porti al superamento della “cattedra di 18 ore settimanali” e che bisogna essere flessibili, anche grazie alla risorsa del “potenziamento”: insomma, via l’obsoleto legame tra l’insegnante e la sua classe; il Dirigente, a seconda delle necessità, ti fa fare una cosa oppure un’altra, senza stare troppo a badare alla “rigidità” degli ambiti disciplinari, tanto l’insegnamento deve essere “inter-multi-pluri disciplinare”. In soldoni, se fai il bravo forse ti faccio insegnare, se fai particolarmente il bravo ti do pure una classe e ti faccio insegnare la tua materia. Altrimenti vai nel multi-pluri-inter…, ti scordi la classe, vai a fare il tappabuchi. Non hai nessun diritto a insegnare la tua disciplina e a fare quello per cui sei stato assunto: decido io.

Bene, se siete sopravvissuti a questo incubo orwelliano, qualche riflessione:

1)      – Il documento, dietro a tante tante chiacchiere astratte, ha al centro un’unica idea: sottoporre al totale controllo di una burocrazia aziendalistica gli insegnanti e il loro lavoro (mi chiedo, en passant, se i membri dell’Anp, che vorrebbero il totale controllo sulla didattica, siano minimamente consapevoli del fatto – e se gliene importi qualcosa – che tra gli studenti c’è un grandissimo problema di analfabetismo. Non lo sanno, no, visto che in pratica prevedono l’abolizione dei libri a scuola, un modo piuttosto singolare di risolvere il problema…);

2)      – Se la classe docente acquisisse una consapevolezza condivisa della natura e degli scopi del proprio lavoro, i progetti orwelliani dell’Anp sulla “scuola del futuro” si scioglierebbero nella loro nullità didattica e culturale come neve al sole;

3)      – Un punto cruciale è questo: l’insegnamento non è una TECNICA impersonale che possa essere facilmente acquisita e riprodotta o, peggio (come nel progetto di Anp), imposta da un ‘management’ aziendalistico a dei meri esecutori; l’insegnamento è un’ARTE – per questo è così difficile e non alla portata di tutti – e, come ogni arte, può essere acquisita solo attraverso un percorso umano e culturale lungo, serio e articolato da parte dell’insegnante; e infatti…

4)      – Credere che si possa imporre una modalità standardizzata di insegnamento (invariabilmente basata su “nuove tecnologie” e “nuove metodologie”, per fare cosa non si sa…) significa non aver capito nulla della scuola, dei bisogni delle persone in crescita, di cosa siano il rapporto educativo e la trasmissione culturale. A fare l’insegnante non è l’obbedienza ai dettami del suddetto ‘management’, ma lo stile di insegnamento unico e irripetibile in cui l’insegnante condensa la sua preparazione, la sua cultura e la sua umanità. È su questa base, e solo su questa base, che è possibile stabilire un rapporto con gli studenti (che sono persone a tutto tondo, non “utenti”), che sia fatto di ascolto, di dialogo, di trasmissione e condivisione di saperi e passioni culturali. È un’ovvietà dirlo, ma di questi tempi è indispensabile: si insegna ciò che si sa, ciò che si è, ciò che appassiona. È impossibile – qualunque “metodologia” si utilizzi – trasmettere una passione che non c’è a delle persone in crescita, per le quali l’apprendimento è legato inscindibilmente alla relazione, alla credibilità umana e  all’autorevolezza delle persone che hanno di fronte.

5)      – Sull’ideologia delle “competenze”, ormai puro flatus vocis, che sostituisce qualunque sostanza educativa e culturale e trasforma gli insegnanti in burocrati certificatori (del nulla), così come sull’idea di scuola “erogatrice” di un servizio e degli studenti “utenti” preferisco soprassedere; se n’è già detto abbastanza. Sono mode e termini inutili di un’astratta ideologia del didattichese che si crede molto à la page e invece è già decrepita.

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