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Caro diario,

oggi è il ventisettesimo giorno di quarantena. No aspetta; credo sia il ventottesimo, oppure il ventinovesimo. Sinceramente? Non lo so. Non ricordo. Ormai tutti i giorni sono sempre uguali. Mi torna in mente quando il lunedì mattina mi svegliavo, come al solito, alle 7:30, prendevo il quaderno, e cominciavo a ripassare. Che ricordi. Odiavo il lunedì, sai; prima la fisica, poi la matematica, poi la scienza, per passare dopo ad inglese ed infine filosofia. Roba da matti non credi? Per non parlare di tutti gli altri giorni della settimana, passati tra traduzioni di latino, calcoli di derivate, prima guerra mondiale e chi più ne ha più ne metta. Il mio giorno preferito? Beh, che domande: ovviamente il sabato! (possibilmente dalle 13:15 in poi). Eppure oggi qualcosa in me è cambiato. Mi chiamo Adriana, ho 18 anni e frequento l’ultimo anno del liceo scientifico. Sì, proprio così, l’ultimo anno: quello dei rimpianti, quello dei timori, quello dei sogni e anche quello delle speranze, insomma, come si suol dire “l’anno indimenticabile”.

Oggi, però, non è proprio così. E’ il 7 aprile 2020 ed io sono a casa, e, come dice anche il grande Ligabue, non ho che te, amico mio: non ho che un foglio ed una penna con la quale buttare giù tutti i miei pensieri. Ma che dico, ormai non ho nemmeno più quelli! E di sicuro non posso uscire per comprarli. Uno schermo ed una tastiera: ecco cosa mi è rimasto. Tu mi dirai, giustamente, <<cosa vuoi di più?>>. Nulla. Vorrei solo poter tornare indietro. Ti ricordi del mostruoso lunedì di cui ti ho parlato? Lo rivoglio. Rivoglio tutto: i miei professori, i miei compagni, il mio bellissimo banco decorato a pennello dalle persone a cui tengo di più; rivoglio il caffè al mattino del distributore, il kinder bueno della ricreazione; rivoglio l’ansia prima di un compito o di un’interrogazione; rivoglio i sorrisi, i pianti, gli scherzi, la felicità. Quanto manca all’esame? Beh, non saprei. Potrebbero essere novanta giorni, forse sessanta? Oppure cento. I fatidici cento giorni all’esame. Oh che belli, non credi? Io li ho vissuti sai? Aspetta, che hai capito? Non ho proprio vissuto i miei 100 giorni all’esame. Io ho vissuto quelli degli anni passati, anche se attraverso uno schermo, io ho visto, ho osservato, ed è stato bellissimo vedere tutti i miei compagni degli anni scorsi così ubriachi di emozioni: pieni di felicità, di timori, di passioni. E’ stato bellissimo anche poter immaginare me lì, al posto loro, sotto quel meraviglioso santuario con la speranza che le cose potessero andare solo per il verso giusto. Peccato che non è potuto accadere, e non potrà nemmeno in futuro. Cinque anni fa non avrei mai pensato che il mio ultimo anno sarebbe finito così, nel bel mezzo di una pandemia mondiale. Eppure non sai mai cosa aspettarti dalla vita, non è vero? Forse dovevo capirlo da quando a monopoli mi capitavano sempre gli imprevisti. E questo è un grosso imprevisto. Mi ha colto di spalle, dandomi uno di quei pugni che ti tolgono il respiro. Però nella vita non è importante come colpisci, ma come resisti ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti. Perlomeno questo è sempre stato il mio motto. Io, però, non ero pronta a questo, e probabilmente non lo sono tutt’ora, ho ancora il fiato sospeso, e non so quando potrò riprendermi. Ci dicono di stare tranquilli, ci dicono che #andràtuttobene, ma siamo sicuri di questo? Perché ora non va per niente bene. Io non sto bene, e non starò bene per un bel po'. Ma questo conta? Forse no, forse è solo la voce di una ragazza di paese, che probabilmente non verrà ascoltata. Ma a me è stato tolto tutto, e non sono l’unica a cui è successo. E non mi importa di trovare un colpevole. La mia vita ormai non è più la stessa, e non lo sarà. Non poter affrontare uno degli ostacoli più importanti e formativi della vita di un semplice diciottenne, l’esame di maturità. Ci credi? Sembra assurda come cosa, tutti che dicono di aver paura dell’esame prima di arrivarci, tutti che non desiderano altro che il quinto anno non arrivi mai. Eppure quando arriva non lo senti nemmeno, passa tutto così velocemente che non hai il tempo nemmeno di fotografare nella tua mente quel giorno in cui hai preso un bel voto, oppure quello in cui hai ballato sul banco, o meglio ancora quello in cui hai sorriso talmente tanto da tornare a casa con i crampi alle guance. Sì, è passato tutto così velocemente, e ora vorrei solo che il tempo si fermasse. Vorrei più giorni, più mesi, prima della fine. Anch’io voglio i miei cento giorni all’esame, anch’io voglio poter piangere davanti alla porta di scuola l’ultimo giorno, anch’io voglio una cena con tutti i miei compagni ed i miei professori per poterli ringraziare tutti, dal primo all’ultimo, anch’io voglio una notte prima degli esami. Voglio poter cantare quella canzone a squarciagola, e guardare tutti quei film abbracciata ai miei compagni, voglio poter piangere tutte le mie lacrime prima di quel giorno, lacrime di gioia, anche di paura. Ma soprattutto voglio poter affrontare quel giorno seduta sulla mia sedia, di fronte a quelle persone che mi hanno accompagnato per 5 anni in questo magnifico viaggio, aiutandomi a crescere, i miei cari prof. E poi, voglio alle mie spalle tutte le persone più importanti della mia vita, pronte a sostenermi, anche i miei cari angeli che mi guardano da lassù. Oggi mi sembra di chiedere troppo, anche se due mesi fa sembrava la cosa più scontata che ci fosse. E non c’è giorno in cui io non mi domandi <<perché proprio a me?>>. Perché me, perché te, perché ora? Probabilmente non c’è una risposta, e non ci sarà mai. L’unica cosa che ho adesso sei tu. Ti prego, vieni a svegliarmi da questo sogno e concedimi ancora la speranza. 

 Adriana Bellante, classe VA del  Liceo scientifico "Alessandro Volta" di Francavilla al Mare