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Perché sui social, in alcuni servizi televisivi e su alcuni giornali vediamo tanto accanimento nei confronti dei ragazzi che erano in piazza il 15 marzo per le iniziative dei Fridays for Future? "Erano lì a perdere tempo", "non sapevano nulla dei cambiamenti climatici", "hanno colto l'occasione per perdere un giorno di scuola", "sono ignoranti", "sono dei nullafacenti" ecc. ecc. ecc. Io in piazza a Roma c'ero, e posso testimoniare che la manifestazione era incentrata su una fortissima tensione ideale; e chi non era in piazza non può sapere che stare quattro ore in piedi, magari tenendo alto un cartello in mezzo alla folla, è molto più faticoso che andare a scuola (dove spesso il tempo perso abbonda, per motivi molto meno nobili). Un linciaggio ancora peggiore, ovviamente, viene attuato nei confronti di Greta Thunberg, la straordinaria ragazza svedese che ha dato origine alla protesta, accusata ora di essere “malata”, ora di essere al servizio dei poteri forti, ora di essere un fenomeno mediatico gonfiato ad arte.

È davvero sorprendente vedere degli adulti che, invece di gioire dell'entusiasmo, di una partecipazione, di un idealismo e di una voglia di migliorare il mondo che non si vedevano da tempo nelle giovani generazioni, reagiscono con sarcasmo, con scetticismo, con fastidio, con un'inspiegabile bava alla bocca. Certo, se si parte dall'idea che i mutamenti climatici e la loro origine antropica siano una bufala, bisogna dire che quei ragazzi sono vittime di un inganno; io penso invece che siano quelli che negano i cambiamenti climatici a non voler prendere atto della realtà, e che dietro questa negazione ci sia il terrore nel riconoscere qualcosa di completamente nuovo (cosa di cui i giovanissimi, meno sclerotizzati di noi, hanno meno paura), il terrore di essere costretti a cambiare il proprio modo di vivere nel giro di pochissimo tempo. Ecco che allora si preferisce non vedere e dire che no, non è così, che il Pianeta non è in pericolo, o che comunque non possiamo farci niente; si preferisce un suicidio ad occhi chiusi a un cambiamento che fa troppa paura e si odia chi ci ricorda che il nostro modo di vivere non è più sostenibile. E a ricordarcelo, vale la pena ripeterlo, sono proprio i giovanissimi, strutturalmente aperti al nuovo, che non hanno interessi da difendere, posizioni consolidate, abitudini date per scontate o modi di vivere immutabili da decenni. 

Insomma i giovani, in questo senso, sono sempre rivoluzionari; e allora, per depotenziarli, li si preferisce spenti, abulici, depressi, demotivati (salvo poi fingere di lamentarsene, di preoccuparsene o di indignarsi), fino al paradosso che tocchiamo con mano in questi giorni, per cui finché i ragazzi si rimbambiscono davanti agli smartphone tutti se ne dimenticano; ci si accorge di loro, per criticarli, malignando sulle loro motivazioni, solo quando danno potenti segni di vita, rivendicano il proprio diritto al futuro e richiamano tutti noi alle nostre responsabilità.

 

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E veniamo alla squallida operazione messa in piedi da “Il Messaggero”, i cui “giornalisti” hanno montato ad arte un video con gli esempi peggiori e scelti con cura (se non preparati in anticipo: la prima intervista specialmente sembra una gag) di alcuni giovani in piazza a Roma che danno delle risposte ridicole a domande sui cambiamenti climatici (in realtà sul 'buco nell'ozono': non sembra che l'intervistatrice conoscesse l'argomento molto meglio degli intervistati). Chiunque abbia visto questo video, che purtroppo è diventato virale proprio tra i giovanissimi, raggiungendo lo scopo orrido per cui è stato creato, non può non accorgersi della manipolazione: vengono scelte esclusivamente le risposte peggiori (tra trentamila presenti non era difficile trovarne cinque-sei che non sapessero nulla: se uno cerca qualcosa di sicuro la trova), si fa passare il tutto per un reportage oggettivo, si fa passare l’idea che tutti gli studenti siano una massa di deficienti – più che ignoranti -, che sono in piazza senza sapere perché. Questo messaggio viene trasmesso probabilmente con un duplice scopo: 1) ottenere una diffusione virale - il marcio, il brutto affascina gli animi intossicati molto più del bello, e quello che è successo il 15 marzo non era solo bello, era meraviglioso; 2) ammazzare in culla ogni senso di speranza, quella che nasce nel vedere l'autentico entusiasmo e una consapevolezza nuova in migliaia di giovani. Sul perché la speranza dia tanto fastidio in certi ambienti, beh, basta ricordare che i proprietari del “Messaggero” non sono esattamente degli ambientalisti; e infangare la speranza, nascondere e delegittimare il bello, scoraggiare, sono gli strumenti tipici del potere per fare in modo che nulla cambi. Ma bisogna dire ad alta voce che non permetteremo che questo venga fatto sulla pelle dei nostri ragazzi.