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Questa è l’estate torrida della Scuola Italiana. Siamo passati in poco tempo dal liceo breve all’innalzamento dell’obbligatorietà scolastica, dall’abolizione di un anno delle medie e, a pochi giorni dall’inizio delle attività scolastiche, si conclude in bellezza con questo editto: “Bocciature "abolite" per decreto alle elementari e medie, nuovi esami e test Invalsi rivoluzionati in terza media. Il nostro governo evidentemente pensa che per affrontare il grave problema della dispersione scolastica basterà non bocciare più, accorciare i tempi di studio e rimettere gli insegnanti in un angolo senza possibilità decisionale.

Praticamente, i docenti non conteranno più nulla. Un gran colpo di coda del Ministero all’Istruzione(?) per farci capire che di tutte le nostre conoscenze, del nostro sapere, della nostra professione, rimarranno solo moduli da formulare, corsi di aggiornamento, registri elettronici e soprattutto dovremo chinare il capo. Repubblica cita “Nei casi di promozione "agevolata", le scuole dovranno attivare "specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento". Da quando insegno, strategie per il miglioramento le ho sempre attivate e non solo in procinto di una bocciatura, ma in itinere, quando incominci a capire i disagi, le problematiche, quando vedi dei ragazzini che incespicano.

Noi tutti insegnanti usiamo il recupero come strumento di insegnamento, ma non solo quello. Ci sono moltissimi metodi che viviamo in classe. Ma questo forse non interessa a chi nella Scuola non vive, ma manovra nelle stanze del potere il nostro lavoro. Naturalmente in questa torrida estate per la Scuola pubblica, non si è parlato del rinnovo del contratto, di un aumento salariale che non fosse il costo di un caffè, e soprattutto non hanno fatto caso, dell’annullamento di principi costituzionali che sono tra i fondamentali della nostra società. Parlo dell’art.33 che recita:” L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.”

Leggiamo le parole del sottosegretario all'Istruzione dott.ssa Angela D’Onghia: “La sperimentazione del diploma delle scuole superiori in 4 anni può aiutare gli studenti ad affrontare meglio le sfide del mercato del lavoro sempre più dinamico e specializzato. Ma perché non esaminare l’intero percorso scolastico degli otto anni rimodulandolo nella sua interezza e semmai modificando il ciclo di studi delle scuole medie da tre a due anni?” ‘Tagliamo’ sembra la parola d’ordine del nostro Ministero: tagliamo tutto, tagliamo il tempo della maturazione, dell’elaborazione, della sperimentazione. Tagliamo il tempo a questi ragazzi, tanto chi se ne frega di loro, a chi importa se i nostri ragazzi arriveranno a sfidare il mondo senza saper leggere un contratto di lavoro se la vita sarà benevola con loro. Tagliamo classi, insegnanti. Tagliamo e aggiungiamo ignoranza. Queste sono prove di regime, perché se non si educa un popolo, sappiamo che le conseguenze saranno gravissime. Ma sembra che questo, per le poltrone del MIUR, non rappresenti un problema.

La Scuola pubblica la stanno frantumando in mille pezzi di tessere di partito, in una negligenza intellettuale che mieterà vittime che porteranno il nome della non cultura. E saremo noi insegnanti a dover spiegare ai nostri ragazzi che studiare è giusto, anche quando vedranno ragazzi che l’impegno lo hanno regalato ad una vita già buttata nel cestino. Dovremo noi insegnanti spiegare l’importanza del fallimento, dei no, delle cadute e quanto sono utili per rialzarsi con più slancio. Saremo noi insegnanti a dover spiegare l’importanza del sacrificio, il senso della responsabilità, il senso della vita. Come possiamo pensare a tagliare il tempo a ragazzi disabili che devono trovare nel tempo e con cura la loro possibilità di crescere e di migliorare? Abbiamo bisogno di tenere i ragazzi a scuola di più, sostenere il tempo pieno, l'autonomia scolastica, il sostegno per le disabilità, aumentare le attività e gli approfondimenti, aver i docenti il primo giorno di scuola, gli edifici sicuri e mille altre cose.

Così facendo, creeremo una generazione che verrà stritolata dalla realtà della vita. Sarà la fine della Scuola come luogo di formazione culturale, e con un piccolo sforzo riformatore, alla fine dell'anno si riuniranno gli studenti per bocciare i professori. Siamo un paese alla frutta per quanto riguarda l'istruzione, e con questa buffonata stanno dichiarando che andare a scuola è una perdita di tempo. Povera Italia un tempo fucina di scienze e cultura. Povera Italia in mano all’ignoranza. Povera Italia che ammazza la Scuola pubblica. Povera Italia e poveri ragazzi a cui stanno negando la possibilità di crescere e di diventare cittadini con una consapevolezza civile e sociale.