Un po’ ci avevamo creduto. Quando il suono della campanella (per noi insegnanti non esiste suono più significativo) aveva decretato il passaggio dal Governo Letta al governo Renzi ,ci era piaciuto pensare che ci fosse una nuova possibilità. Non è un fatto partitico. Sulla scena c’era il più giovane presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, classe 1975, c’era un uomo legato alla scuola, c’era un discorso di insediamento dal respiro ampio e che aveva messo al centro la scuola, la sua importanza come base della società, il punto da cui partire. Con questi presupposti era lecito provare a crederci, ignorare la razionalità che invitava alla prudenza per cavalcare l’onda di una speranza assetata di concretezza.
Questo fu l’inizio della storia, della storia recente, della storia recente della scuola. Facciamo un salto temporale e ci troviamo qui, alla fine del 2017 che coincide con la fine dell’attuale legislatura. E’ tempo di bilanci. Partiamo subito con il regalo di Natale, datato 22 Dicembre, con cui migliaia di insegnanti assunti in ruolo si sono ritrovati di fatto licenziati.