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1,2 milioni di minorenni nel 2018 in condizione di povertà assoluta!

Nel 2008 appena 1 minore su 25 (il 3,7%) era in povertà assoluta,cioè senza i beni indispensabili per condurre una vita accettabile. Un decennio dopo si trova in questa condizione ben 1 su 8 (12,5%). Sono numeri che spaventano: nel 2007 i minori in povertà assoluta erano circa mezzo milione, oggi sono 1,2 milioni.

Questa è l'impietosa fotografia che emerge da ll tempo dei bambini, il decimo "Atlante dell'infanzia a rischio" di Save the Children, edizione 2018.

Il report, a cura di Giulio Cederna, è suddiviso in più sezioni e traccia un bilancio della condizione di bambini e adolescenti italiani negli ultimi dieci anni.

https://atlante.savethechildren.it/index.html 

(dati riscontrabili anche sul report ISTAT https://www.istat.it/it/files/2019/06/La-povert%C3%A0-in-Italia-2018.pdf)

Alla deprivazione materiale va aggiunta quella culturale.

Un'altissima percentuale di  6-17enni italiani, specie a Sud,  soffre di deprivazione culturale. Nel tempo libero, infatti, molti ragazzi praticano meno di 4 attività culturali l’anno tra le 7 considerate (teatro, cinema, musei/mostre, concerti musica classica, concerti altro tipo di musica, visita a siti archeologici/monumenti, spettacoli sportivi). Una percentuale altissima non legge libri nel tempo libero (dis-abituati al libro).Quasi un minore su due non legge un libro oltre a quelli scolastici durante l'anno, con picchi in Campania (64,1%), Calabria (65,9%) e Sicilia (68,7%). Se nel 2008 i "non lettori" erano il 44,7%, questa percentuale è salita dopo dieci anni al 47,3%. Anche lo sport resta per molti un privilegio: in Italia circa un minore su 5 (tra i 6 e i 17 anni) non lo pratica e il 15% svolge solo qualche attività fisica. Alcuni passi in avanti ci sono: se nel 2008 il 21,8% dei minori era sedentario, nel 2018 il dato scende a 17,9%.

Scuole vetuste e non sicure.

Su un totale di 40.151 edifici censiti dall'anagrafe scolastica, ben settemila sono classificati come "vetusti", circa 22 mila sono stati costruiti prima degli anni Settanta, cioè prima dell'entrata in vigore delle norme che hanno introdotto l'obbligo di collaudo statico (15.550 infatti ne sono privi). Sono 21.662 gli istituti che non hanno un certificato di agibilità e 24mila quelli senza certificato di prevenzione incendi. Nelle aree a pericolosità sismica alta e medio-alta, sono ben 13.714 le strutture che non sono state progettate per resistere a un terremoto ed è antisismica appena una scuola su cinque. 

Divario tra Nord e Sud, tra regione e regione: effetti nefasti della riforma federalista.

In un Paese che  già negli anni precedenti la crisi soffriva di profondi squilibri territoriali circa i servizi e la spesa per l’infanzia, si è innestata la riforma del Titolo V della Costituzione e poi, nel 2009, la legge quadro sul federalismo fiscale.

Con questa trasformazione, si affidava alle Regioni la competenza amministrativa in materia di politiche sociali, ma senza aver mai definito i Livelli Essenziali delle Prestazioni (diritti all’istruzione, alla salute e all’assistenza sociale) che erano invece parte essenziale dei documenti tecnici sulla materia. In questo modo alcune aree del Paese (specialmente le Regioni del Sud) sono rimaste completamente sguarnite di servizi: zero asili nido, zero mense scolastiche, trasporti locali o servizi sociali.

Basti pensare che, a fronte di una spesa sociale media annua per l'area famiglia e minori di 172 euro pro capite da parte dei Comuni, la Calabria si attesta sui 26 euro mentre l'Emilia Romagna arriva a 316.

Disinvestimenti progressivi sull'istruzione: 8 miliardi di tagli!

Un fondamentale ambito nel quale l’Italia ha accumulato un gravissimo ritardo è quello dell’istruzione, settore in cui la politica ha scelto di disinvestire massicciamente: ben 8 miliardi di tagli lineari in 3 anni, dal 2009 al 2011. La spesa per l’istruzione in questo periodo ha subito un vero e proprio crollo, fino all’attuale minimo storico del 3,6% del PIL, quasi un punto e mezzo in meno rispetto alla media degli altri Paesi, pari al 5%- 

I ragazzi sono il futuro!

Dove vogliamo andare e quale futuro vogliamo disegnare per il Bel Paese dipenderà dalle risposte che la politica vorrà dare a questi problemi gravissimi che ci vede nelle retrovie delle classifiche europee. I ragazzi sono, infatti, il futuro! Se i cervelli dovranno continuare a  fuggire, se i giovani dovranno continuare a emigrare da Sud a Nord per lo studio e per il lavoro, se gli Italiani dovranno sperare di affermarsi all'estero ecco, vorrà dire che la politica vuole far morire questa nazione e la vuole porre in una condizione di subalternità materiale, cultrale, economica.