Da sempre si è sottolineata l'importanza e la necessità di una comunicazione aperta tra le due agenzie educative più importanti nella vita di ogni allievo. Da sempre si afferma che non esiste un apprendimento sereno se non c'è collaborazione tra scuola e famiglia.
Ogni insegnante, affinché il suo lavoro sia efficace, non può non porsi nei confronti delle famiglie come colui al quale rivolgersi per dubbi e perplessità. Ma le famiglie sono disposte a lasciarsi guidare?
Sono disposte ad ascoltare verità spesso sgradevoli? Sin dall'ingresso alla scuola dell'infanzia il bambino viene fuori nel suo essere; si rapporta non più solo agli adulti ma ai suoi coetanei, mette in gioco se stesso, la sua personalità.
Oggi, purtroppo, si osserva con rammarico la presenza di bambini che presentano problemi non più riconducibili soltanto ad handicap o alterazioni genetiche, ma bambini disadattati, rigidi fisicamente e mentalmente, lenti nel comprendere e nell'agire, bambini robot, male educati, carenti di attenzioni che cercano di recuperare usando spesso atteggiamenti spavaldi o aggressivi. Si è avanzata più volte l'ipotesi che la causa di tutto ciò sia da riscontrarsi nella nuova era tecnologica che li bombarda di immagini, giochi e stimoli eccessivi. Ma, viene da chiedersi, i genitori dove sono? Il loro intervento dov'è?
La tecnologia, se usata nel giusto modo, può accrescere, può stimolare, può aiutare. Ma non dimentichiamo che il bambino ha anche bisogno di essere stimolato, di toccare, fare, correre, inciampare, cadere, esporre i suoi perché e ricevere risposta. Spesso questo gli viene negato a causa di genitori troppo ansiosi e apprensivi o quasi completamente assenti, i quali delegano la crescita dei figli a nonni o tate che non hanno competenze per educare ma semmai per intrattenere. E’ per questo che, quando noi insegnanti ci accorgiamo che qualcosa non va, sentiamo il dovere di parlarne ai genitori. Ma spesso troviamo muri, persone che ci vedono come nemici, non disposte a collaborare e ad ammettere che qualcosa nel loro percorso educativo con i figli è mancato o è carente. Il nostro lavoro allora diventa pesante, complicato, stressante. La nostra passione viene calpestata, umiliata, perché ciò che vorremmo dare ai nostri alunni e che viene dal cuore...il nostro lavoro noi infatti lo facciamo col cuore...viene ostacolato dalla incomprensione di genitori ormai impegnati a puntare il dito contro il nostro operato. Tutto ciò diventa frustrante, soffocante. Ed è per questo motivo che oggi il dialogo con le famiglie si è via via sfilacciato e spesso ha assunto connotati quasi da scontro. E questo si nota anche nella scuola secondaria dove spesso gli atteggiamenti aggressivi a difesa del ragazzo non fanno che dividere sempre più due componenti che invece dovrebbero trovarsi “alleate”.
La scuola può fare tutto da sola? È giusto che noi insegnanti adoperiamo le nostre forze non per accrescere il sapere dei nostri alunni, ma per difenderci da genitori sempre più convinti di trovare in noi nemici piuttosto che alleati al fine della crescita dei loro figli? L’amara considerazione è che purtroppo, fino a quando la nostra figura professionale non verrà rivalutata e soprattutto rispettata, continueremo a svolgere il nostro lavoro in questa amara atmosfera, la quale non porterà giovamento né a noi né ai nostri alunni.