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Durante un recente viaggio d’istruzione ho toccato con mano per l’ennesima volta -  di fronte a studenti di varie scuole che, quando venivano lasciati soli a fare quello che volevano, si trasformavano inevitabilmente in ‘branchi’ rabbiosi, fuori controllo e violenti – quanto sia fondamentale per i giovanissimi la presenza autorevole e affettuosa degli adulti. I “no” (come i “sì” motivati, beninteso) sono un segno di attenzione e di amore; chi li riceve sa di esistere e di non essere trasparente per l’adulto. Sa di essere importante.

In questa prospettiva, se vogliamo dare ancora un senso alla scuola, dobbiamo costringere tutti - genitori, dirigenti scolastici, ministri, 'esperti'... - a rispondere alla domanda che Giuliana Ukmar, psicoterapeuta scomparsa prematuramente quindici anni fa e autrice di questo libro illuminante (Se mi vuoi bene dimmi di no, Milano, FrancoAngeli, 2001 [XII ed.]), poneva ai genitori dei suoi pazienti: ma a scuola (lei diceva 'a casa', ma è lo stesso) comandano gli adulti o comandano i ragazzini? Semplice. No, perché se comandano i ragazzini succede...

 

"Immaginate di svegliarvi improvvisamente una notte e di trovarvi in piedi al centro di una stanza completamente buia. Avete gli occhi sbarrati, ma non riuscite a cogliere il benché minimo spiraglio di luce. Cosa fate?

 

Ormai ho fatto questa domanda a moltissime persone e le risposte sono più o meno analoghe: 'cercherei una porta', 'cercherei una finestra', 'l’interruttore della luce!'.

 

Tutti quindi, ovviamente, a passi incerti, con le mani protese davanti a noi ci metteremmo alla ricerca di un muro, sul quale tutte queste cose sono abitualmente collocate. E se non lo trovassimo? Se le nostre mani continuassero a restare protese nel buio ed i nostri piedi ad avanzare senza che nessun ostacolo ci desse modo di stimolare il nostro senso di orientamento e di sedare l’ansia, che ormai comincerebbe a far tremare le ginocchia ed a rendere difficoltosa la respirazione? Io credo che dopo un po’ sarebbe il panico, io credo che, abbandonata la prudenza, cominceremmo a correre in tutte le direzioni e forse anche a piangere, e forse a urlare, invocando che quest’incubo tremendo avesse fine…

 

Se siete riusciti ad entrare emotivamente in questo stato d’animo, potete capire perfettamente la situazione psicologica di un bambino che venga allevato senza regole, ossia senza scontrarsi mai con dei muri che gli permettano di costruirsi un adeguato senso di orientamento per muoversi nella vita. Potete capire la sua angoscia, la sua insaziabilità…Chiedere, chiedere, chiedere sempre di più, a volte chiedere le cose più strane, rappresenta, per restare nell’esempio del sogno, il correre per trovare un muro di riferimento.

 

E’ paradossale, lo so, ma il bambino chiede per vedere quando, finalmente, riuscirà ad ottenere un 'No!' " (Giuliana Ukmar, op.cit., pp.66-67).

 

P.S. Tutti da leggere e godibilissimi, anche dal punto di vista narrativo, i ‘casi’ raccontati in questo libro.