Sono una maestra che ama la matematica e giocare con essa e cerco di trasmettere la stessa passione ai miei alunni… Ma … ieri ho somministrato le prove Invalsi in una delle mie classi seconde Primaria e affermo con delusione che non erano affrontabili da oltre la metà della classe: ho avuto l’impressione che non siano state elaborate pensando alle classi seconde di questo anno scolastico.


Per quelle di italiano ho scioperato, ma per queste non si poteva e sono rientrata a casa con un forte senso di frustrazione: da settembre a gennaio si è lavorato per recuperare e potenziare gli apprendimenti della classe prima (la DAD con bimbi di prima è stata difficile), solo da febbraio in poi si è iniziata la classe seconda tenendo sempre d’occhio quei bimbi che hanno mostrato delle fragilità cognitive o difficoltà oggettive.

Si è personalizzato il piano di lavoro e poi… poi arrivano le prove invalsi e il mio mondo, ma soprattutto quello dei nostri bambini, crolla in un attimo. Ho cercato di rasserenare gli alunni che mi guardavano con occhi disperati (alcuni) e chiedevano spiegazioni per consegne scritte in maniera troppo “elaborata” per bimbi con situazione socio culturale “complessa”.

Che amarezza! Ho sempre creduto nella personalizzazione degli apprendimenti e soprattutto nella tutela degli alunni: bimbi in crescita che affrontano con entusiasmo ogni giornata, che hanno saputo combattere e combattono ogni giorno per “crescere” con spensieratezza in un periodo carico di paure e restrizioni.

Ebbene ieri mi sono sentita di tradire la loro fiducia, ho cercato di spiegare loro che non potevo “aiutarli” in nessun modo, che erano comunque dei “campioni” capaci di accettare anche quella sfida, che non importava se qualcosa fosse restata in bianco… ma lo sguardo e le richieste di alcuni di loro, di quelli più fragili, ma anche di quelli più “spavaldi e sicuri”lo porto ancora dentro, come una spina che mi ricorda che il nostro sistema di istruzione è pieno di contraddizioni.
Sabrina Locci

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