Dopo mesi di contrattazioni nelle ultime settimane la palla della contrattazione è passata in mano all’ARAN nella persona del presidente. I sindacati sono stati più volte convocati e a breve assisteremo ad un’altra convocazione. La proposta è sempre la stessa, più o meno: 100 euro lordi di aumento medio mensile. Ciò si traduce in un aumento che va da 50 a 80 euro netti sempre se tutto va bene.
C’è anche da considerare il nodo del cuneo fiscale. Pare che una parte dell’aumento non sia da considerarsi tale a tutti gli effetti ma riguardi una riduzione della contribuzione IRPEF, quindi nulla di cui rallegrarsi.
L’attuale ministro Valditara non parla di rinnovo contratti, non ne ha mai parlato da quando si è insediato ma ha preferito parlare di merito. Forse prima vuole prima accertarsi che tutti gli insegnanti meritino questo “grande” aumento?
L’inflazione prevista per il 2022 vola verso il 12%, ciò vuol dire che non solo la tredicesima ma un altro mezzo stipendio viene bruciato dall’aumento dei prezzi. Troppa per doversi accontentare di un aumento che non arriva al 4% dello stipendio medio.
Ma cosa dicono i sindacati?
Tra i tanti, comincia a farsi strada l’idea di accettare, forse anche per via del “tesoretto” degli arretrati accumulati in questi 4 anni di vacanza contrattuale. E così qualcuno comincia a giustificare l’eventuale accettazione parlando più dei 2500 euro di arretrati che della mancetta che nella migliore delle ipotesi non arriva a 80 euro.
Ci chiediamo cosa abbiamo aspettato per due anni se le proposte rimangono sempre le stesse e se queste prima sono state rigettate con fermezza mentre adesso si è propensi ad accettare. Qualcuno cerca di recitare una parte ormai consolidata come accadde nel 2018: accettare questa proposta incassando qualcosa e poi rilanciare in futuro su un vero e proprio aumento.
Se la storia insegna occorrerebbe rileggere cosa si disse a febbraio 2018, alla vigilia delle penultime elezioni politiche: accettiamo un aumento per un contratto che scadrà fra qualche mese per poi fare una grande battaglia in autunno con il nuovo governo in vista della scadenza del 31 dicembre 2018. Chiunque ricorderà che non è successo più nulla fino all’inizio del 2022, quando i sindacati dopo la scadenza del triennio di vacanza contrattuale si sono svegliati ed hanno iniziato le prove tecniche per una contrattazione con il ministro Bianchi.
Da fonti della Presidenza del Consiglio veniamo a sapere che nella manovra di bilancio non c’è emergenza per l’aumento di stipendio.
La promessa dell’adeguamento degli stipendi alla media europea è ormai un lontano ricordo.
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