La proposta sulla formazione è divisa in varie parti, una volontaria, un’altra obbligatoria


Formazione obbligatoria

La proposta che coinvolge i docenti sulla formazione obbligatoria in orario di servizio è relativa all’uso degli strumenti digitali. Nella proposta viene menzionato l’anno scolastico 2023-24 come anno di partenza. Essa, quindi, va organizzata e svolta in orario di servizio. Non è chiaro se nelle 40+40 ore extra didattiche. Si ipotizza che in questa ottica vadano considerate le ore di formazione obbligatoria menzionate nell’art. 1 comma 124 della legge 107: “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria”.

Come si evince dalle esperienze, tale formazione non è quasi mai stata svolta in orario di servizio e difficilmente è stata resa strutturale. Di fatto le reti di scuole hanno offerto una “pezza” formativa attraverso l’organizzazione di attività formative che i docenti hanno seguito oltre l’orario di servizio, non potendo rientrare tutto nelle 40+40 ore extra didattiche.

Quella su base volontaria invece coinvolge tutto gli insegnanti secondo un piano permanente di formazione. Questa formazione dovrebbe concorrere, secondo la riforma, al conseguimento di scatti stipendiali a gradini di 5 anni. Ogni ciclo di formazione, quindi, durerebbe 5 anni, alla fine dei quali il docente verrebbe valutato da una “scuola di alta formazione dell’istruzione” che comunque verificherebbe annualmente la formazione del docente in base alle relazioni da lui esposte (immaginiamo un milione di docenti che scrivono relazioni su quanto hanno imparato e ottengano attenta lettura e un “voto” su queste stesse relazioni). Attenzione: è previsto che il docente non superi l’anno formativo, ovvero la sua relazione non piaccia. Nel qual caso ha sprecato soldi e tempo.

Alle fine dei 5 anni occorre anche verificare “gli indicatori di performance, che sono declinati dalle singole istituzioni scolastiche secondo il proprio Piano triennale dell’offerta formativa, anche al fine di valorizzare gli strumenti presenti a normativa vigente“. Nella verifica finale il comitato di valutazione tiene anche conto dei risultati raggiunti in termini di raggiungimento degli obiettivi e di miglioramento degli indicatori di cui al precedente periodo. Ancora una volta viene fuori un organo interno alla scuola che addirittura valuta se stesso, ma la cosa più grave sarà quella di essere valutati in base alle performance delle proprie classi “sentito l’INVALSI”. Ciò fa pensare che il docente per essere valutato non solo deve formarsi ma occorre verificare che la sua formazione abbia ricadute sui suoi studenti, misurando le performances forse attraverso le prove INVALSI estese alle varie discipline. Su questo il testo non è molto chiaro poiché parla di istituenda “scuola di alta formazione” e cita l’INVALSI come strumento che dia un parere.

Solo in caso di valutazione positiva dopo il ciclo quinquennale, il docente può vedersi riconosciuto l’incentivo salariale ovvero lo scatto stipendiale. Attenzione: tale incentivo viene prelevato da un fondo con dei limiti, quindi non è dato a tutti. Inoltre viene dato a coloro i quali hanno svolto attività formativa al di fuori dell’orario di servizio. Inoltre: l’incentivo è deciso dal comitato di valutazione e interno alla scuola (orrore!!! chi decide per i membri del comitato stesso?) che deve valutare qualità ed efficacia della formazione in base ai criteri stabiliti precedentemente. Il comitato inoltre decide di elargire l’incentivo solo al 50% dei docenti che ne fanno domanda.

Questo è un limite vergognoso visto nel bonus merito. Tutti possono avere il bonus ma esso viene elargito ad un numero limitato ovvero viene stilata una graduatoria (necessariamente) che premia i più bravi. Gli altri? Si saranno formati ma non verranno premiati.

I contenuti dei percorsi formativi menzionati nel decreto riguardano tutto il ventaglio delle proposte formative che da anni vengono accolte dai docenti. Di fatto i docenti da decenni si formano, conseguono titoli, acquisiscono competenze e adesso se vogliono un incentivo che meritano per anzianità dovranno seguire di nuovo quei percorsi formativi a proprie spese.

Infine: non è per nulla specificato l’importo dell’incentivo, non c’è una base economica di partenza. Questo piano di formazione permanente è come le nozze coi fichi secchi: Chiara specifica di come ci si deve formare ma zero indicazioni sulla parte economica che, ricordiamo, non è per tutti ma per metà di coloro i quali fanno domanda e fino all’esaurimento delle somme di cui non si conosce l’importo.

Ora, pur volendo, i docenti, formarsi, cosa che fanno da decenni a proprie spese o avvalendosi della carta del docente, appare offensivo che la formazione che eventualmente vorranno svolgere debba essere valutata da un non meglio precisato organo che valuterebbe solo delle relazioni ( su cosa?) e che a fronte di tutta la formazione, alla fine del ciclo, i docenti non avranno neanche certezza di percepire il gradone stipendiale (solo uno su due lo avrà, pur avendo ambedue superato il periodo di formazione), né sanno quanto sia il valore economico.

Visto che il Ministro ci delizia con tante novità giornaliere, questo documento potrebbe subire variazioni nei prossimi giorni.

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