L’orario scolastico è uno dei nodi centrali che coinvolge l’intero istituto e spesso rappresenta la vera cartina di tornasole sulla salute dell’istituto. Un orario equilibrato che non scontenta nessuno potrà sicuramente essere visto come un indice di buona collaborazione e soprattutto di qualità della vita lavorativa a scuola. Ma proviamo ad andare per ordine.


La normativa

L’art.28 CCNL scuola 2006-2009 e successivi ampliamenti, con la specifica dei posti di potenziamento, nell’art.28 del CCNL scuola 2016-2018 definisce come venga regolamentato l’orario scolastico e precisamente nell’art. 28, comma 5, del CCNL scuola 2006-2009 è specificato che sono previste 25 ore settimanali per gli insegnanti della scuola dell’infanzia, 22 ore per la scuola primaria più due ore di programmazione, 18 ore nella secondaria di primo e secondo grado, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali.

L’art.28 del CCNL scuola del 19 aprile 2018 specifica anche che l’orario di servizio relativo all’articolo 28 del CCNL 29/11/2007, può essere parzialmente o integralmente destinato allo svolgimento di attività per il potenziamento dell’offerta formativa o quelle organizzative, dopo aver assicurato la piena ed integrale copertura dell’orario di insegnamento previsto dagli ordinamenti scolastici e nel limite dell’organico di cui all’art. 1, comma 201, della legge n. 107/2015.

Le eventuali ore non programmate nel PTOF dei docenti della scuola primaria e secondaria sono destinate alle supplenze sino a dieci giorni.

All’art.7, comma 2 lettera b), del d.lgs. 297/94 è scritto che “il Collegio dei docenti formula proposte al direttore didattico o al preside per la formulazione dell’orario delle lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo o d’istituto“.

Il Dirigente scolastico, ai sensi dell’art.25, comma 2, del d.lgs. 165/2001 e dell’art.396, comma 2 lettera d), del d.lgs. 297/94, procedere alla formulazione dell’orario, sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto e dal collegio dei docenti.

Tutti i docenti hanno gli stessi diritti

La nota MIUR 285 del 5 settembre 2016 ha specificato che i docenti tutti, indipendentemente dalla tipologia di posto assegnato, entrano a far parte “di un’unica comunità di pratiche che progetta e realizza le attività” e che “non esiste distinzione contrattuale tra docenti curricolari e docenti di potenziamento”.

I criteri per la formulazione dell’orario scolastico

Una volta stabiliti i vincoli in sede di collegio dei docenti e consiglio di Istituto, al fine di rendere efficiente ed efficace l’azione didattica è interessante rispettare i seguenti criteri:

  • distribuzione equilibrata delle discipline nell’arco della giornata e della settimana;
  • abbinamenti orari così come indicati dai gruppi disciplinari;
  • utilizzo razionale di tutti gli spazi comuni come palestre, laboratori…
  • tenere conto degli insegnanti che prestano servizio su più scuole;
  • alternare materie teoriche e di materie pratiche nel corso della mattinata;

I criteri, ovviamente, sono dettati dal buon senso e non sono riscontrabili nella normativa vigente di cui sopra.

Chi decide la distribuzione settimanale dell’orario di servizio?
L’art. 6 comma 2 lettera m del CCNL cita:
Sono materie di contrattazione integrativa le seguenti:
“criteri e modalità relativi alla organizzazione del lavoro e all’articolazione dell’orario del personale docente, educativo ed ATA, nonché i criteri per l’individuazione del personale docente, educativo ed ATA da utilizzare nelle attività retribuite con il fondo di istituto”
La contrattazione integrativa è stata recentemente messa in discussione dalla sentenza n. 5163/2013 della Corte di Appello di Napoli (tribunale del Lavoro), che ha stabilito che “le materie di cui all’art. 6, comma 2, lettere h), i) ed m) del CCNL scuola non sono oggetto di contrattazione integrativa di istituto”.
La sentenza riprende l’espressione “misure inerenti la gestione delle risorse umane” contenuta nell’art. 5, comma 2 del D.lgs. 165/2001 (testo unico sul Pubblico impiego) affermando che il “il legislatore ha volutamente utilizzato una dizione generica che ricomprendesse l’insieme delle attività necessarie all’espletamento del potere organizzativo/gestionale sia attraverso la determinazione di criteri, sia tramite l’emanazione di provvedimenti sia attraverso la definizione di procedure. Il Dirigente scolastico è pienamente legittimato a escludere dall’ambito della contrattazione collettiva integrativa le materie di cui alle lettere h), i) ed m) in virtù dell’attribuzione delle stesse alle sue dirette prerogative.”

Appare chiaro, quindi, che alla luce di una sentenza del genere potrà essere prudente evitare di inserire in contrattazione una materia così delicata coma la formulazione dell’orario.
Il dibattito sul potere attribuito ai Dirigenti Scolastici e la vigenza del CCNL è ancora in atto, per cui è necessario fare riferimento agli orientamenti della singola istituzione scolastica (non risultano infrequenti infatti i casi di Dirigenti Scolastici che già per l’a.s. 2013/14 hanno pubblicato “Atti di indirizzo” per regolamentare tali aspetti dell’organizzazione scolastica.
In linea generale, in quelle scuole in cui è tuttora in vigore la contrattazione integrativa di istituto per queste materie (siamo costretti a scrivere così perchè a conoscenza di una situazione estremamente differenziata) sarebbe opportuno che essa stabilisse i criteri ai quali attenersi per la formulazione anche considerando le ore buche, grande problema nella formulazione dell’orario scolastico e spesso ordine delle disparità di trattamento tra docenti.
A tal proposito la sentenza n. 17511 del 27 luglio 2010 della Corte di Cassazione secondo la quale “Il tempo necessario al dipendente per recarsi sul luogo di lavoro va considerato lavorativo, se lo spostamento è funzionale alla prestazione” , (eccovi qui un commento dell’Avv. Francesco Orecchioni).
Altre situazioni potrebbero riguardare l’orario di servizio per docenti con figli di età inferiore ai 3 anni, o per chi usufruisce della legge 104/92, o il numero minimo di ore da effettuare in un giorno (es. il docente non può avere una sola ora giornaliera di insegnamento) o il numero massimo di ore consecutive (es. il docente non può avere 5 ore consecutive), o comunque per particolari esigenze in relazione alla struttura organizzativa della scuola. Non dimentichiamo infatti che una delle difficoltà maggiore negli ultimi anni è quella di garantire l’orario per i docenti in servizio su più scuole o in più plessi (e questo inevitamente coinvolge anche il docente che mantiene l’orario totale su un unico plesso).

In ogni caso, a mio parere, una buona regolamentazione è garanzia di tutela per tutti gli insegnanti in servizio nell’istituzione scolastica.

L’orario deve necessariamente essere fisso tutto l’anno?

L’orario può non essere fisso durante tutto l’anno. Non c’è una norma che lo stabilisce. Esso può essere riarticolato ad esempio in funzione del subentro di un docente con una lunga supplenza, un docente che completa da altra scuola quindi impossibilitato a far quadrare le ore ma avente diritto al completamento. Del resto c’è una sentenza del tribunale di Rimini: “l’orario èm un atto di organizzazione del lavoro, quindi può essere soggetto a rimodulazione da parte del dirigente per sopraggiunte esigenze organizzative.

Come funzionano le ore buche? C’è una normativa?

Al fine di rispettare i criteri sopra elencati, l’orario può eventualmente presentare delle ore buche. E ciò non necessariamente per chissà quale personale fine da parte del dirigente.

E’ qui che entra in funzione un regolamento interno chiaro e trasparente che metta fine alle diatribe sull’orario: una seria contrattazione di istituto che, ad esempio, stabilisca un massimo di 2 ore buche, o max 5 ore consecutive in un solo giorno. Come proposto sopra, le regole possono essere definite anche in sede di collegio dei docenti per una più ampia condivisione.

ma cosa dice la normativa sulle ore buche in ambito lavorativo?

L’ articolo 2107 del codice civile alla definizione di “orario di lavoro” recita quanto segue: “La durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali o dalle norme corporative (ad esempio da quanto espresso nei CCNL)”.

Da ciò si deduce che ogni ora di lavoro, prestata oltre quelle stabilite da contratto, se non rientra nelle 40 ore funzionali, è eccedente per cui dovrebbe essere considerata come ora straordinaria e in quanto tale retribuita.

Inoltre già da tempo la Direttiva 1993/104/CE, nell’ articolo 1, ha definito la prestazione lavorativa così:
“qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”

Sulla stessa linea anche il D.Lgs. n. 66/2003 denominato: attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.

Non dimentichiamo che a riguardo si è espressa anche la Corte di Cassazione sez. lavoro con una sentenza (17511 del 27.07.2010), stabilendo appunto che il dipendente pubblico con ore buca nel proprio orario di servizio deve essere retribuito.

Conclusioni

Ma cosa è possibile dire alla fine di una trattazione così articolata tra norme, sentenze e buone pratiche? E’ chiaro ed evidente che di fronte ad un simile caos diventi sempre più difficile individuare come illegittimo un determinato orario, a maggior ragione se viziato da scelte del tipo: “4 giorni con ore terminali” oppure “tre giorni consecutivi con ingresso in prima ora”.

E’ altrettanto chiaro che la complessità dell’orario spesso non riesce a consentire a chi lo crea di essere equilibrato e stabilire il giusto mix tra criteri, rispetto delle norme e equità di trattamento tra i docenti. A maggior ragione se dovessero esserci ancora più criteri votati in collegio o in sede di contrattazione integrativa.

Io credo che stia nell’interesse del dirigente scolastico perseguire l’interesse della scuola e fissare delle regole interne come sopra definito che siano ampiamente condivise e votate. In funzione delle regole l’orario potrà essere più difficilmente visto come oggetto di vessazione e parimenti chi lo formula dovrà attenzionarle scrupolosamente seppure con qualche eccezione.

Se, ad esempio, si vota in collegio che possano esserci al più 2 ore buche, il docente potrà appellarsi qualora ci sia una terza ora buca. In mancanza di un regolamento interno anche una sola ora buca rappresenta oggetto di contestazione viste le numerose sentenze.

Anche l’ora di spostamento tra i due plessi potrà essere oggetto di richieste di remunerazione. Il docente addirittura userà un mezzo proprio per spostarsi in una sede di lavoro diversa dalla sede centrale impiegando del tempo che secondo varie sentenze va remunerato. Per evitare situazioni del genere è bene che l’orario venga formulato in modo da evitare spostamenti tra plessi in giornata.

Ci sono innumerevoli casi di orari combinati in modo tale da configurare una vera e propria vessazione per il docente e soprattutto per il più debole. Ad esempio capita che chi formula l’orario stabilisca delle regole non scritte da nessuna parte e quindi impugnabili, per giustificare delle ore buche o situazioni di disparità.

Resta inteso che la formulazione dell’orario spetta al dirigente e ogni altra delega a docenti che se ne occupano se questi sono pagati, configura un illecito poiché il dirigente spenderebbe delle somme del FIS per un lavoro che dovrebbe fare lui stesso.

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