E’ quanto emerge dal rapporto OCSE condotto periodicamente sui sistemi di istruzione dei paesi più sviluppati. Nel 2020 in Italia si sono laureate circa 339.000 persone, ma la percentuale di persone tra i 30-34 anni con una istruzione universitaria resta al palo: 28% contro il 40% della media Ue.


Qualcuno arriverebbe alla conclusione che essendo così pochi, i laureati in Italia dovrebbero essere molto ricercati e ampiamente retribuiti. Ed è qui che scatta il paradosso: per verificare i vantaggi di un laureato occorre confrontare la media degli stipendi con quella dei diplomati sempre nello stesso Paese. Quindi in questo caso non stiamo più effettuando il confronto ovvio tra Italia e altri Paesi ma stiamo analizzando i vantaggi di un laureato su un diplomato sempre in Italia. Ebbene: in Italia mediamente un laureato guadagna il 37% in più di un diplomato, mentre contro il 54% della media OCSE.

Volendo vedere il problema da un altro punto di vista, forse è in questa differenza di trattamento economico che va ricercata la scarsa propensione al proseguimento degli studi.

Per di più, spinti da stipendi molto bassi, molti laureati fuggono all’estero dove vedono il loro lavoro maggiormente remunerato. Ciò dimostra anche la buona qualità della formazione universitaria dei nostri studenti se ogni anno circa 28.000 di essi decidono di andare all’estero. Sicuramente si tratta dei più bravi e brillanti e altrettanto sicuramente essi rappresentano una sconfitta per lo Stato che mediamente spende circa 90mila euro per formare un professionista dalla nascita sino alla laurea magistrale, un investimento perduto per la società.

Ma quanto guadagna un laureato in Italia: mediamente 28.000 euro lordi l’anno, una cifra di poco superiore ai 22.000 euro per un diplomato con la differenza sostanziale che quest’ultimo ha la possibilità di inviare la propria carriera ben 5 anni prima del laureato, quindi conseguire maggiori benefici previdenziali. Abbiamo visto, ad esempio, quanti insegnanti laureati siano andati in pensione con quota 100 solo dopo aver versato contributi volontario per coprire gli anni di studi.

Ricette? Sicuramente se ce ne saranno funzioneranno a lungo termine e di questi tempi le politiche su istruzione nel nostro Paese puntano a risultati dopo un anno. L’ascensore sociale pare si sia fermato e si sia smarrita anche la bussola dell’orientamento su cosa fare, intrappolati tra numeri chiusi, incapacità di sanzionare gli sfruttamenti, e un esame di stato dopo il quale molti studenti fuggono non essendo per nulla interessati a studiare senza migliori prospettive per il proprio futuro.

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