L’inizio dell’anno scolastico si preannuncia sempre più incerto non solo in Italia ma anche nel resto del mondo. Allo stato attuale, non si ha alcuna informazione certa sull’andamento dei contagi Covid-19. Sappiamo solo che stanno aumentando e per fortuna in Italia meno che in altri paesi. Ma quali sono gli accorgimenti che si possono dottare per ridurre al minimo i rischi?


Noi insegnanti, quelli che solitamente vengono ritenuti “in vacanza” per tutta l’estate, forse non abbiamo fatto un solo giorno di vacanza in completo relax. Abbiamo iniziato ad inizio luglio quando si parlava di plexiglas o plexiglas, come volete e siamo andati avanti ad ascoltare le soluzioni più disparate. Vi ricordate quando tutto il mondo doveva essere avvolto da plexiglas? Dai tavoli dei ristoranti ai lettini delle spiagge per finire ai banchi degli alunni. Il tormentone durò qualche giorno, forse una settimana, poi si smise di pensare al plexiglas. Bastava guardare qualche aula di esempio che sembrava una classe pollaio con allevamento in batteria.

Ci venne detto che bastavano le mascherine chirurgiche ma dovevano essere usate da docenti ed alunni per un tempo prolungato, quindi forse c’erano delle riserve. Bastava misurare la temperatura ma a casa, no, forse all’ingresso di scuola, neanche, forse entrando nello scuolabus, quello che se ci stai 15 minuti va bene in tanti ma se ci stai di più, devi scendere per strada perchè è pericoloso. Un virus incontinente insomma, che per 15 minuti si trattiene poi rompe i cabbasisi.

Poi ci dissero che seduti al proprio banco la mascherina poteva essere tolta ma occorreva aerare le aule continuamente, forse anche durante le rigide giornate invernali. Ma il banco deve essere monoposto, perchè è più corto e “allunga” le distanze tra studenti. Anzi, deve essere anche mobile, ma se è mobile, queste distanze come fanno a mantenersi?

Passano i giorni e ci chiedono di fare il test sierologico, tutti i docenti, no agli alunni. Il test rapido, quello più semplice, quello che dice poco e nulla. No, il test devono farlo i docenti ma a propria discrezione, nella speranza che lo facciano in pochi, perché il compito viene dato ai medici di base, lavoro gratis e con tanti rischi ovviamente. Così poi non si è capito se sono i medici a rifiutarsi di eseguire i test o i docenti che vista la lunga trafila e dalla serie di rinunce, alla fine desistono perchè del più banale dei test si tratta e alla fine sempre nella bolgia infernale di migliaia di persone non testate andranno a finire.

Ma ancora non è finita! La scuola in presenza è fatta di contatti e cosasti riesce a fare mantenendo le distanze? Ben poco, è come avere u rapporto “wireless” pur mantenendo il contatto visivo. E allora questi benedetti libri si possono portare in classe? No, sono ricettacolo di virus, meglio tenerli a casa. E i quaderni? Possono gli alunni consegnarli ai docenti? Forse, ma solo se vengono messi “in quarantena” per qualche giorno in modo che se ci sono virus al loro interno questi muoiono di stenti.

Così tra una paura e l’altra cerchiamo di fare scuola, gridiamo ad alta voce con la mascherina o senza magari mentre i bimbi ingenuamente se le scambiano perchè quella della compagnetta a fiori, si sa, è più bella.

Ma con la mascherina ci ascoltano? boh, forse, vero è che non possiamo gridare. lo dicono le ultime indicazioni: non si grida e non si canta che altrimenti il virus farà un percorso parabolico che va ben oltre il metro di distanza teso ad abbattere il nuovo record mondiale di salto in lungo.

Quindi in quanti dobbiamo essere in aula? 10? 12? 18? Come si misurano le distanze? Il metro è fisso o elastico? E mentre si disquisisce sui nuovi standard di misurazione, tra teoremi di Pitagora ed Euclide ignorati mentre loro si rivoltano nelle tombe.

Infine arriva il grande evento, quello dei negazionisti. “Non è vero che c’è questo virus, ce lo dicono per spaventarci, lo dicono perchè si son messi d’accordo per rompere i cabbasisi a 7 miliardi di persone” Questo più o meno il loro manifesto, ovviamente tutti senza mascherina attaccati dentro una piazza come sardine. No, non confondeteli con quell’altro movimento, quelli erano altra cosa.

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