La maggior parte delle persone che ho potuto incontrare mi hanno riferito di avere una grossa confusione circa alcune figure che operano nell'ambito dell'intervento psicologico. Solitamente questa confusione riguarda le figure dello Psicologo, dello Psicoterapeuta, dello Psichiatra e dello Psicoanalista. Da qualche anno a questa parte si è aggiunta una nuova figura che ha alimentato ulteriori confusioni: parliamo della figura del Counselor.

In linea generale il Counselor è colui che svolge attività di Counseling. Il Counseling è un colloquio di consulenza che affronta solo problemi circoscritti della vita della persona, senza intervenire sugli aspetti psicologici. In Italia il Counselor non è riconosciuto come figura professionale; di fatto il counseling per legge è svolto dallo Psicologo. Il motivo appare molto chiaro: è impossibile affrontare nel counseling dei problemi circoscritti della vita senza che si vadano a toccare aspetti psicologici ed emotivi; dunque lo Psicologo ha una preparazione specifica in questo ambito che manca al Counselor. Al di là dell'aspetto legislativo che regola le professioni sanitarie, e che prevede il Counselor non riconosciuto a livello nazionale, mentre riconosce lo Psicologo - ponendo eventualmente la questione in ambito legale - la mia opinione da addetto ai lavori è che un Counselor non è abbastanza preparato ad affrontare il disagio psicologico di una persona. Per cominciare, il counseling deve essere considerato esclusivamente un colloquio di orientamento o di sostegno e non può avere alcuna valenza di tipo psicoterapeutico o psicoanalitico.

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 Scuola, l'incontro tra il governo e i sindacati ha soddisfatto le parti.

Questi sono i contenuti dell'accordo :

Autonomia differenziata

 

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Noi di Professione Insegnante, con il nostro gruppo di 116.000 iscritti, abbiamo sondato  le primissime opinioni di vari insegnanti italiani circa l'intesa tra il Governo Conte e i sindacati firmatari dell'intesa. L'obiettivo era scongiurare lo sciopero previsto per il 17 maggio, data immediatamente precedente alle elezioni europee ed amministrative del 26 maggio. Il nostro presidente Salvo Amato ha ribadito le seguenti posizioni anche in un'intervista andata in onda in diretta su Rainews il 24 aprile 2019.

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Durante un recente viaggio d’istruzione ho toccato con mano per l’ennesima volta -  di fronte a studenti di varie scuole che, quando venivano lasciati soli a fare quello che volevano, si trasformavano inevitabilmente in ‘branchi’ rabbiosi, fuori controllo e violenti – quanto sia fondamentale per i giovanissimi la presenza autorevole e affettuosa degli adulti. I “no” (come i “sì” motivati, beninteso) sono un segno di attenzione e di amore; chi li riceve sa di esistere e di non essere trasparente per l’adulto. Sa di essere importante.

In questa prospettiva, se vogliamo dare ancora un senso alla scuola, dobbiamo costringere tutti - genitori, dirigenti scolastici, ministri, 'esperti'... - a rispondere alla domanda che Giuliana Ukmar, psicoterapeuta scomparsa prematuramente quindici anni fa e autrice di questo libro illuminante (Se mi vuoi bene dimmi di no, Milano, FrancoAngeli, 2001 [XII ed.]), poneva ai genitori dei suoi pazienti: ma a scuola (lei diceva 'a casa', ma è lo stesso) comandano gli adulti o comandano i ragazzini? Semplice. No, perché se comandano i ragazzini succede...

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Tornando ad affrontare la quotidianità, ci imbattiamo in tre casi interessanti (ovviamente camuffati per non renderli riconoscibili).

 

Nel primo siamo alle prese con due maestre preoccupate per la presenza di due bambini difficili e certificati.

Nel secondo incontriamo difficoltà relazionali tra colleghe che potrebbero avere origine nella peculiarità dei caratteri o in qualcosa di più serio.

Nel terzo ci imbattiamo in un giovane docente che fa immediata esperienza dei lati più ostici dei rapporti con un’utenza difficile e provocatoria.

 

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Def 2019 è un documento poco coraggioso per la scuola. Si propongono aggiustamenti, si abolisce qualcosa della Legge 107/15. Sconfessa il riformismo presente nel contratto di governo (maggio 2018). Un esempio: le classi pollaio sono state confermate. E' la vittoria della Gelmini e del pensiero della Destra.

Def 2019 e scuola

Leggendo il Def 2019, e nello specifico la parte riguardante Istruzione e ricerca, gli impegni risultano generici:" Il Governo proseguirà gli sforzi diretti a limitare l’abbandono scolastico, mediante misure mirate all’incremento e all’arricchimento dell’offerta formativa. Saranno utilizzati nuovi strumenti per l’aggiornamento continuo e la valorizzazione professionale del corpo docente... Con particolare riguardo agli strumenti per una educazione inclusiva e di qualità per tutti, sono allo studio diverse misure per garantire le prestazioni e i servizi necessari per raggiungere la piena inclusione scolastica e assicurare il diritto allo studio agli studenti diversamente abili o con bisogni educativi speciali...Per l’inclusione degli alunni con disabilità è stato costituito un gruppo di lavoro specifico per l’implementazione delle misure attuative previste nella normativa in vigore"

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Def 2019, ha confermato il quadro desolante, ma assolutamente prevedibile. Assolutamente prevedibile. Le parole, le dichiarazioni sono azzerate dai numeri. Meglio dalle regole che in uno stato democratico rimandano alla normativa vigente.

Def 2019, valori e percentuali per i contratti pubblici

Il def 2019 ha dedicato una finestra al rinnovo dei contratti pubblici. Si legge a pagina 31

" Fra i fattori di incremento della spesa si segnala il rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021 che prevede, in base alle risorse stanziate dalla legge di Bilancio per il 2019, incrementi dell’1,3 per cento per il 2019, dell’1,65 per cento per il 2020 e dell’1,95 per cento complessivo a decorrere dal 2021. Considerato che la stagione contrattuale 2016-2018 non è ancora conclusa, la previsione sconta l’ipotesi che i CCNL per il triennio 2019-2021 verranno sottoscritti a decorrere dal 2020. Con riferimento al nuovo triennio contrattuale, per l’anno 2019 è stata considerata la sola spesa per l’anticipazione contrattuale decorrente dal mese di aprile (corrispondente sostanzialmente all’indennità di vacanza contrattuale prevista dal precedente ordinamento) ..."

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Con il termine Sindrome di Aristotele si designano  quelle persone che pretendono sempre di avere ragione.

Tirare in ballo Aristotele è arbitrario perché fa riferimento solo ad un aspetto della vita di quest’ultimo. Aristotele fu allievo di Platone, ma ad un certo punto incominciò a sviluppare una sua teoria filosofica e metafisica in opposizione con quella del maestro. Egli arrivò ad affermare che i discorsi del suo maestro non avevano fondamento e fu criticato da molti per queste sue considerazioni e tacciato di slealtà e superbia.

S’incominciò ad usare il termine di Sindrome di Aristotele per definire quelle persone che oltre a volere sempre avere ragione si sentono anche superiori, affetti narcisisticamente da una sindrome di superiorità.

A differenza del complesso di superiorità che può riguardare tutti gli aspetti della persona che ne è affetta, nella sindrome di Aristotele la superiorità riguarda, principalmente, solo l’aspetto intellettuale e della conoscenza.

Chi è affetto da Sindrome di Aristotele presenta i seguenti “sintomi”:

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1)  Importanza della lettura. Siamo tutti d’accordo, almeno a parole, sull’importanza vitale che la lettura dei libri ha per la mente degli esseri umani (fa eccezione qualche fanatico del post-umano). Senza libri la mente non respira, non si confronta con nulla e spesso annaspa nel vuoto di un’immediatezza senza pensieri, tutta “agita” nel concreto, priva di ogni elaborazione possibile dell’esperienza. Le parole definitive sulla lettura sono quelle celeberrime di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. 

Certo, leggere apre mondi, lo sentiamo dire spesso ed è verissimo; va anche detto che se la si continua a ripetere senza riuscire a far conoscere alle nuove generazioni il fascino dei libri, questa frase rischia di diventare un inutile luogo comune.

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 Incredulità, indignazione, preoccupazione. Questi i sentimenti di tanti docenti nel vedere queste parole  scritte sul sito del MIUR.           

Nell'intervista a La Stampa il ministro dell'istruzione Bussetti ha ricevuto la seguente  domanda "Non è il caso che il governo si ponga anche il problema di regolare i flussi di immigrazione che negli ultimi 20 anni hanno portato un milione di persone in più nelle classi?"

Così ha risposto il ministro:

"La scuola è il luogo principale di inclusione nella nostra società. L'ho sempre detto, fin dal mio insediamento. 

Voglio ribadire anche che questo governo non agisce in maniera pregiudiziale rispetto alla questione migratoria: stiamo affrontando il tema con serietà e responsabilità. A differenza di come è stato fatto in passato. Regolare i flussi tutela innanzitutto chi cerca rifugio in Italia, avendone diritto. Penso anche, però, che il primo pensiero debba sempre essere quello di aiutare i nostri giovani affinché possano farsi una famiglia, avere dei figli, vivere con serenità il loro progetto di vita. La ritengo una priorità assoluta".

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Nel 2018 sono state indagate per presunti maltrattamenti a scuola (PMS) ben 47 maestre, un record mai raggiunto nel quinquennio precedente, né mai prima d’allora.

 

Nel solo primo trimestre del 2019 si è raggiunta la strabiliante cifra di 31 insegnanti che finiranno di fronte al giudice per analogo motivo e c’è la prospettiva di vedere più che raddoppiata l’intera casistica rispetto all’anno precedente. Ma cosa sta succedendo tra l’immobilismo delle istituzioni, il silenzio dei sindacati e la demagogia tecnologica (leggi pro-installazione di telecamere) dei politici? Che spiegazioni può avere il fenomeno? Stiamo dando la risposta giusta col ricorso ai procedimenti penali? Come lo si può arginare e risolvere? A chi tocca farlo? Davvero tante domande a cui la più semplice e sbrigativa risposta consiste nell’affermare che le nostre maestre stanno letteralmente scoppiando. In parte può essere così, ma vi sono altre importanti ragioni che è bene considerare.

Leggi tutto: Presunti maltrattamenti...

Subito dopo l'incontro svoltosi al tavolo con  le 9 regioni richiedenti l’autonomia differenziata, il ministro  degli Affari Regionali e delle Autonomie del Governo Conte, Erika Stefani, ha spiegato che  non si è trovato l’accordo su alcuni punti, tra cui la scuola:

“Ad oggi non sono stati sciolti i nodi su alcune richieste delle Regioni relativamente a una serie di materie. Sono nodi politici che devono essere analizzati e sviscerati“.

Il ministro Luigi Di Maio non ci sta!  Ha tempestivamente dichiarato:

“Non vogliamo creare una scuola classista, che penalizzi i nostri figli, gli studenti, a seconda del loro luogo di nascita” 

E il ministro Matteo Salvini  ha replicato:

“Se qualcuno ha dubbi se li faccia passare perché c’è nel contratto di governo. Abbiamo lavorato come matti, i governatori hanno lavorato e il mistero Stefani ha lavorato. È ora di fare e di mettere il primo mattone perché è un passaggio storico che fa bene a tutti e non solo a Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, ma a tutta Italia”.

https://www.repubblica.it/politica/2019/04/07/news/salvini_pensioni_quota_41_polemica_di_maio-223483392/

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