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Sembra che il mondo della scuola, di fronte all'emergenza e alla necessità di una "didattica a distanza", si trovi in uno stato di grande incertezza e smarrimento; cosa naturalissima e comprensibile, visto che viviamo una situazione nuova per tutti, largamente imprevedibile e imprevista. Quello che però emerge da questo momento di confusione è anche altro: il sistema educativo, al di là del lodevole ed estenuante impegno di tanti insegnanti, sconta delle carenze pregresse che non sono principalmente quelle legate all’uso delle nuove tecnologie, come si vorrebbe credere e far credere in modo riduttivo e molto semplicistico, quanto piuttosto quelle legate al senso profondo della scuola e del lavoro che nella scuola si porta avanti.

Non è da oggi che si fa fatica a trovare nell’istituzione scolastica – al di là degli sforzi ai limiti dell’eroismo dei singoli insegnanti - quel punto di solidità e di autorevolezza culturale di cui ora i nostri studenti avrebbero estremo bisogno, anche per essere aiutati nell’elaborazione della realtà che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi e che tanto ci sconvolge nel suo carattere drammaticamente inedito. La scuola certamente sta facendo sforzi enormi, ma non sono chiari il senso culturale e la direzione che intende prendere, i ‘perché’, insomma, che forse non erano chiari neanche prima: crediamo, noi adulti per primi, che i contenuti preziosi che proponiamo ai ragazzini e ciò che trasmettiamo loro con tutto ciò che diciamo e facciamo siano fondamentali per la loro maturazione umana e intellettuale, per tutto quello che sarà il loro percorso di vita futuro? Abbiamo la consapevolezza di quante ricchezze culturali potremmo condividere con i nostri studenti? Ci rendiamo conto di quanto spesso, senza nemmeno saperlo, essi le cerchino disperatamente in noi, dato il vuoto drammatico in cui vivono, nella mancanza di adulti che li ascoltino e li guidino nella ricerca di un senso del loro vissuto?

Se vengono meno questa urgenza e questa sollecitudine, il senso stesso della scuola marcisce alla radice, sprofonda nell’insensatezza. Più che con la ministra, che è arrivata per ultima, bisognerebbe allora prendersela con quelli che, coadiuvati da una parte non trascurabile del corpo docente, da decenni puntano a smantellare la scuola, a svuotarla del suo senso educativo e culturale e a trasformarla in un luogo di procedure burocratiche, dove gli studenti in carne e ossa scompaiono del tutto, sostituiti da una continua e vuota certificazione del nulla a cui nessuno crede, oppure da un 'addestramento' che esclude per definizione il pensiero (forse la 'colpa' della ministra sta nell'aver dato l'impressione di interloquire più con questi poteri forti - quelli della scuola-azienda - che con gli insegnanti). Ora, nel momento dell'emergenza vera, questa mancanza di sostanza coltivata da molto tempo viene drammaticamente alla luce. In una situazione così difficile, più che i mezzi tecnologici, sicuramente indispensabili per rimanere in contatto con gli studenti (ma ricordiamo che l’urgenza comunicativa, quando è autentica e non fine a se stessa, trova sempre da sé i propri strumenti), bisognerebbe tirare fuori cultura, inventiva e umanità, elasticità mentale ed esprit de finesse - quello che può arrivare soltanto da una lunga e autentica formazione umana e culturale -; ma non è facile farlo in una scuola sclerotizzata dai conformismi dl un didattichese di terza mano e dalle vuote formalità burocratiche (e infatti è scattata da subito l’angoscia dei voti e delle “carte a posto”), dove ad ogni livello, comprese le agenzie e le associazioni dove si ha pretesa di occuparsi di scuola senza sapere nemmeno come è fatto un ragazzino, ci sono persone che non prendono in mano un libro da anni, dove molti continuano a parlare per luoghi comuni, in astratto, di 'competenze' e simili, impossibilitati ormai a pensare in un altro modo, o a pensare tout court.

Inutile sperare che la tecnologia, da sé, magicamente, supplisca a questa mancanza di sostanza: dobbiamo farlo noi, in modo che i nostri studenti possano nutrirsi comunque di qualcosa di buono, anche in questo periodo. Dovrebbe essere il nostro unico fine, almeno per ora. Poi avremo bisogno di riflettere a fondo su molte cose.