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Nel 2018 sono state indagate per presunti maltrattamenti a scuola (PMS) ben 47 maestre, un record mai raggiunto nel quinquennio precedente, né mai prima d’allora.

 

Nel solo primo trimestre del 2019 si è raggiunta la strabiliante cifra di 31 insegnanti che finiranno di fronte al giudice per analogo motivo e c’è la prospettiva di vedere più che raddoppiata l’intera casistica rispetto all’anno precedente. Ma cosa sta succedendo tra l’immobilismo delle istituzioni, il silenzio dei sindacati e la demagogia tecnologica (leggi pro-installazione di telecamere) dei politici? Che spiegazioni può avere il fenomeno? Stiamo dando la risposta giusta col ricorso ai procedimenti penali? Come lo si può arginare e risolvere? A chi tocca farlo? Davvero tante domande a cui la più semplice e sbrigativa risposta consiste nell’affermare che le nostre maestre stanno letteralmente scoppiando. In parte può essere così, ma vi sono altre importanti ragioni che è bene considerare.

 Certamente non si tratta di un problema “d’indole malvagia” delle maestre, altrimenti l’avremmo avuto per tutto l’arco della loro carriera, dunque ci troviamo verosimilmente di fronte a un vero e proprio esaurimento psicofisico professionale che vede un’avanzata età media delle maestre inquisite (56,4 anni).

Qui registriamo il primo problema per l’assenza di fondi, mai stanziati dalla politica, e la conseguente mancata prevenzione dello Stress Lavoro Correlato (SLC) nonostante la professione sia addirittura riconosciuta come “gravosa”.

Stiamo probabilmente assistendo anche ai primi frutti avvelenati della riforma Monti-Fornero che, che al pari di tutti i precedenti riordini previdenziali, non ha mai calcolato l’impatto di variabili imprescindibili quali l’anzianità di servizio e le malattie professionali dei docenti.

Non va poi trascurato il fatto che le due principali incombenze medico-legali del dirigente scolastico (DS) sono la tutela della salute dei lavoratori e la salvaguardia dell’incolumità dell’utenza. Purtroppo, per la prima si fa poco o nulla (non ha fondi) e male, mentre per la seconda si preferisce correre a denunciare la presunta maestra violenta senza tentare di affrontare la questione in altro modo (verifica, colloquio, affiancamento, accertamento sanitario, ispezione…). Molti DS rinunciano così a esercitare di fatto il loro mandato (incolumità dell’utenza) scaricando la patata bollente nelle mani dell’Autorità Giudiziaria col solito pretesto che “nella veste di pubblico ufficiale è d’obbligo denunciare la notizia di reato di cui si entra in possesso”. Le cose non stanno proprio così perché il DS è l’unica persona che (dopo aver verificato un eventuale comportamento abituale improprio di un docente) può agire tempestivamente attraverso un provvedimento di sospensione cautelare, evitando così alla piccola utenza ulteriori traumi, sia fisici che psichici. L’omissione di tale intervento potrebbe ricadere nel reato descritto dal 2° comma dell’art. 40 c.p.p., con le evidenti conseguenze del caso. L’Autorità Giudiziaria ha infatti tempi d’intervento assai lunghi dettati dalle complesse procedure d’indagine: verifica denuncia, raccolta di sommarie informazioni testimoniali, richiesta autorizzazioni ad audio-videointercettazioni (AVI), appalto e installazione telecamere, AVI per tempi da 15 giorni a 4 mesi o più e via discorrendo. Nella maggioranza assoluta dei casi trascorrono infatti alcuni mesi tra la prima segnalazione al DS (da parte di colleghi o genitori) e l’interdizione del docente da parte dell’Autorità Giudiziaria, col risultato di aver indebitamente esposto la piccola utenza ad ulteriori angherie oltre a quelle eventualmente già patite. Dunque il DS deve attivarsi subito e senza indugio a tutela della piccola utenza.

Altro punto delicato è quello dei metodi d’indagine poco adatti alla scuola. Mi limiterò solo a enunciarli rimandando ai miei precedenti articoli per una più puntuale disamina: a) indagini eseguite (a differenza di quelle ispettive) da inquirenti non-addetti-ai-lavori; b) tempi di AVI non contingentati (pesca a strascico) c) estrapolazione e decontestualizzazione delle immagini; d) selezione “avversa” delle videoclip e assemblaggio in trailer negativi (<0,1% del filmato intero); e) drammatizzazione delle trascrizioni privo di riscontro medico-legale delle eventuali lesioni fisiche e soprattutto psichiche (clima di paura o terrore nella classe); f) applicazione empirica e non oggettiva del criterio di “abitualità” di un comportamento improprio.

Per tutti i suddetti punti, oltre che per la necessità di un intervento tempestivo assicurabile solo dal DS, è sconsigliabile come soluzione prioritaria ai PMS rivolgersi all’Autorità Giudiziaria. Per questa ragione, nel Regno Unito, qualsiasi denuncia legale per PMS deve essere accompagnata da un verbale di colloquio tra genitori e DS recante i tentativi di conciliazione o soluzione esperiti dallo stesso tra le parti ed eventualmente falliti. La peculiarità dell’ambiente scolastico, la specificità professionale richiesta agli insegnanti dal CCNL all’art. 27 e la discrezionalità di aspetti fondamentali quali l’assenza di un contingentamento delle AVI e la definizione di “criterio di abitualità”, rendono ostico a chiunque operare giudizi sereni e omogeneità di vedute.

 

Operate tutte queste considerazioni è bene sottolineare le buone prassi, per incoraggiarle, in un momento piuttosto delicato per la scuola dell’infanzia e primaria.

 

Sull’Unione Sarda del 30.03.19 è comparso un articolo, dal titolo “La maestra umilia i nostri figli”, in cui si segnalano i comportamenti impropri della docente e la reazione del DS che al giornalista risponde: “Stiamo facendo le verifiche del caso e interverremo a tutela di tutti ma seguendo le regole”. Di fronte a un eloquente scritto dei genitori, secondo cui la maestra offenderebbe e umilierebbe gli alunni mettendoli in punizione con la faccia al muro, il DS risponde convinto al giornalista che lo incalza: “Quello che scrivono i genitori deve essere verificato, bisogna soppesare con tanta attenzione ciò che i bambini riportano. Già prima della lettera sono giunte segnalazioni ed abbiamo avviato approfondimenti. L’insegnante svolge ore didattiche con la collaborazione di un altro docente e relativamente a quelle ore non abbiamo riscontri di comportamenti anomali. Ho già avuto un incontro con i rappresentanti della classe, dando loro uno spazio per riunirsi e rassicurandoli sul fatto che ci stessimo occupando del problema. Il DS pare avere le idee ben chiare ed è consapevole del suo ruolo da protagonista nel gestire il problema così come dell’esistenza di regole da rispettare. È altresì convinto di dover verificare i racconti dei genitori, poiché riferiscono de relato quanto raccontano bimbi piccoli, quindi interviene prontamente affiancando la maestra con un collega. Niente denuncia all’Autorità Giudiziaria, niente telecamere, nessuna spettacolarizzazione, niente circo mediatico, almeno per ora. Certamente il preside avrà parlato con la maestra e valutato anche le sue condizioni di salute da tutelare eventualmente con un accertamento medico in Collegio Medico di Verifica. Un DS dal comportamento professionale – questa è la vera notizia – che spero possa essere seguito da molti suoi colleghi. Complimenti dirigente Andrea Antonio Fadda!

Materiale utile:

www.facebook.com/vittoriolodolo 

link dove poter reperire il  libro  "Insegnanti, salute negata e verità nascoste":https://www.edises.it/universitario/catalogo/discipline-umanistiche-psicologiche-sociali/psicologia/insegnanti-salute-negata-e-verita-nascoste.html

  link per effettuare iscrizione al mio corso di prevenzione e monitoraggio per lo stress lavoro correlato (sia per docenti che per dirigenti):https://www.orizzontescuola.it/burnout-e-stress-lavoro-correlato-come-prevenirlo-e-monitorarlo-corso-online-rivolto-a-dirigenti-e-docenti/?fbclid=IwAR2v4-MBS8oaRaW5g0VfHjZJz3djZTk5iztrayvHA1tdr3hcZqJqkyrKIrc