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Le cronache ci riportano ogni giorno storie di violenza ai danni dei bambini, oppure notizie di atti folli, rabbiosi, criminali o autolesionisti compiuti da giovanissimi. Sono due facce della stessa medaglia; come diceva il grande poeta W. H. Auden, “quelli a cui è stato fatto del male/ faranno del male a loro volta”.

Insomma, cos’altro deve succedere, quali altri segnali devono mandare bambini e adolescenti perché i genitori (o chi di loro si prende cura) si accorgano del loro disagio - un disagio che sta dilagando a macchia d’olio - e perché nelle scuole di tutta Italia venga prevista la presenza di esperti qualificati nell’ascolto psicologico dell’età evolutiva, capaci di essere un punto di riferimento per studenti sempre più smarriti, coinvolti in dinamiche estremamente disturbanti per la loro crescita, e per insegnanti sempre più soli davanti alla catastrofe educativa che si trovano di fronte?

 Non si tratta di facili allarmismi: sicuramente la crescita, di per sé, anche in assenza di dinamiche patologiche, mette bambini e ragazzi di fronte a crisi, a profonde incertezze, a normali difficoltà che richiederebbero a volte un aiuto e un accompagnamento ma che spesso si risolvono da sé; sempre più di frequente però, specie tra gli adolescenti, si manifestano invece i segni di un disagio molto grave, che travalica i confini della normalità e che le persone in crescita non possono affrontare da sole. Proprio tale disagio dev’essere accolto e trattato con strumenti appositi, che in questo caso sono l’ascolto e la parola, gestiti da un esperto del settore, che a scuola opera attraverso lo sportello d’ascolto. 

 Si parla soprattutto di adolescenti, perché è proprio in adolescenza che dinamiche affettive patologiche, rimaste silenti ma preparate nel corso dell’infanzia, possono esplodere in tutta la loro gravità. Ciò non significa che il tempo dell’infanzia non sia altrettanto importante: è qui che il disagio affettivo comincia a mettere radici ed è qui che meglio si può intervenire con attività di prevenzione. Certamente l’attività dello sportello psicologico va calibrata in modo molto diverso a seconda dell’età degli studenti: nella scuola primaria il lavoro può essere svolto solo attraverso il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle famiglie; con gli adolescenti è possibile puntare ad una progressiva autonomia rispetto alle dinamiche familiari. 

Se ci soffermiamo sull’ascolto attento degli adolescenti, notiamo subito come esso possa fare emergere esperienze traumatiche, spesso ripetute e continuative, che sono tenute ben nascoste poiché legate ad un sentimento di profonda vergogna e colpa. Quello che si osserva subito, tra le molteplici manifestazioni, è l’esistenza di sintomi di tipo aggressivo, autolesionistico e depressivo, spie di un malessere molto profondo e pericoloso: dalla diffusione ampia e  preoccupante della “moda” del cutting a disturbi dell’alimentazione che in alcuni casi rischiano di sfociare in una vera e propria anoressia, dall’autodistruttività a una rabbia e a un’estrema mancanza di limiti, che possono sfociare in atti di teppismo o in crudeltà ai danni di coetanei apparentemente più deboli, a dipendenze di ogni tipo, da quelle affettive a quelle da sostanze tossiche fino a quelle legate all’uso di strumenti tecnologici. Per quanto riguarda quest’ultimo ambito, va notato come molti ragazzi, lasciati soli con se stessi, trovino riparo e accoglienza nei gruppi che confermano il loro modo di essere doloroso; ecco che nascono i gruppi social dell’anoressia, dove si fa a gara a chi mangia meno, oppure  gruppi del cutting, dove si espongono foto di tagli autoinflitti e dove si fa a gara a chi ha la lesione più profonda – o forse dovremmo dire il dolore più profondo?

Le cause di questa emergenza sono in buona parte identificabili con l’evaporazione della funzione genitoriale, con l’incapacità degli adulti di accompagnare la crescita con affetto, attenzione e rispetto; hanno a che fare con l’abbandono, reale o simbolico, o con la terribile diffusione di violenze psicologiche e anche fisiche, fortemente traumatiche, nel contesto familiare e sociale. A fronte di ciò, la presenza di sportelli psicologici nelle scuole, gestiti da psicoterapeuti psicoanalisti altamente qualificati (che abbiano cioè all’attivo, oltre a studi e specializzazioni adeguate, un lungo percorso di analisi personale), appare indispensabile per riconoscere e cominciare ad accogliere il disagio affettivo di bambini e adolescenti, là dove esso è ancora aperto e fluido, non ancora incistato e calcificato (e quindi più difficile da riconoscere e curare), come diviene in età adulta. L’ascolto e le parole del terapeuta possono colmare, con la necessaria accortezza professionale, il disperato bisogno di una figura di riferimento adulta capace di accogliere e di restituire un senso a vicende traumatiche, a dinamiche interiori e ad affetti che spesso appaiono a chi li sperimenta come minacciosi, indecifrabili e non affrontabili, eccedenti le proprie capacità di elaborazione e spesso trasformati in “agiti”, con comportamenti molto pericolosi per sé e per gli altri.   

Purtroppo in moltissime scuole lo sportello non c'è, oppure viene gestito da grandi associazioni che, con l'attrattiva della gratuità, propongono uno sportello saltuario (una decina di incontri per un intero anno) del tutto insufficiente al bisogno: è come un esserci senza esserci, guardato con sospetto dagli stessi studenti, che non avvertono in questo modo la presenza di un sostegno stabile e costante da parte degli adulti. Anche le strutture pubbliche, spesso dotate di ottimi professionisti, difficilmente hanno le risorse per far fronte alle necessità ed alle richieste di aiuto. L’unica soluzione al momento sarebbe quella, adottata ancora da poche scuole, di finanziare progetti di sportello con il fondo d’istituto, attraverso bandi pubblici con criteri oggettivi che garantiscano la presenza nelle scuole di terapeuti altamente qualificati. Purtroppo è evidente come manchi, nella maggior parte degli istituti scolastici, la volontà di destinare risorse a questo fondamentale aspetto dell’educazione. Le scuole, che spendono migliaia di euro in progetti il cui ritorno pedagogico e didattico è a volte vicino allo zero, ritengono quasi sempre che la salute mentale e affettiva degli studenti non valga nemmeno la spesa di un euro.

Chi scrive ha coordinato per quattro anni uno sportello d’ascolto in un Istituto tecnico di Roma - gestito da un professionista particolarmente esperto - che ha letteralmente salvato e cambiato la vita di moltissimi studenti, ha intercettato un’enorme richiesta di aiuto, ed ha conosciuto una frequentazione superiore ad ogni aspettativa, con necessità di ampliamento costante degli orari di ascolto. A fronte degli straordinari benefici per i ragazzi, le spese sostenute dalla scuola (intorno ai quattromila euro l’anno complessivi, per una presenza del terapeuta a scuola di sei ore a settimana divise in due mattine, con incontri di mezz’ora per studente) appaiono quasi irrisori. Chiaramente dietro l'alibi economico, come spesso accade, ci sono anche le 'resistenze' degli adulti che preferiscono negare piuttosto che affrontare l'inquietante mondo delle sofferenze giovanili e delle loro cause familiari. Ma il costo di tutte le sofferenze psichiche non individuate e affrontate in tempo ricadrà sulla società di domani.

Luca Malgioglio

con la collaborazione del dott. Alessandro Zammarelli (psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista)